Page 3 - Raccontiamoci Roma
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nome  un  Centro  Studi.  Si  trova  in  S.  Maria  dell'  Orto  ed  è  un  punto  di  riferimento  per  la
            documentazione e la storia delle confraternite e delle corporazioni romane.
            =Nei  "Meridiani"  di  Mondadori ne è  uscito  uno dedicato  a  Trilussa che  raccoglie  in  una esemplare
            edizione  di  1917  pagine  tutte  le  sue  poesie,  le  poesie  sparse,  quelle  pubblicitarie  e  gli  innumerevoli
            aforismi.  La  pubblicazione,  curata  da  Lucio  Felici  e  Claudio  Costa,  è  corredata  da  un'aggiornata
            bibliografia "ragionata" ( talmente bella da sembrare un romanzo ), da un acutissimo commento critico
            sull'opera  e  sull'autore  cui  segue  un  profilo  aggiornato  sulle  numerose pubblicazioni  su  Trilussa.  Al
            metà del volume sono raccolte 33 deliziose sanguigne del poeta coi versi, ognuna, relativa al disegno
            che l'ha ispirata.
            =Confusione editoriale alla Mondadori. Qualche giorno prima dell'uscita del "Meridiano" su Trilussa,
            della quale ho adesso accennato, la stessa Mondadori ha mandato in libreria un'altra pubblicazione sullo
            stesso Trilussa; ma questa volta è un romanzo di Luca Desiato che ha per titolo C'era una volta a Roma
            TRILUSSA. Niente di nuovo. Si tratta di una biografia come tante altre già uscite sul poeta romano.
            D'altronde è questo il genere narrativo prediletto da Desiato che anni fa presentò un romanzo su Il
            marchese  del  Grillo,  poi  un  altro  su  Galileo  e  un  altro  ancora  su  Giuliano  l'Apostata:  tutte  storie
            biografiche romanzate che sono comunque sempre andate di moda. L'inflazione trilussiana ha destato
            meraviglia e stupore da parte degli attenti lettori del poeta e specialisti trilussiani. La doppia uscita ha
            anche creato sconcerto  e problemi presso  i  vari  quotidiani  che  non sapevano quale  delle  due  opere
            dovessero  recensire  considerato  che  due  segnalazioni  sullo  stesso  tema  è  sempre  sembrata  cosa
            inopportuna.  Va  tutto  bene  lo  stesso,  ma  questo  impiccio  dimostra  le  superficiali  e  leggerone  linee
            direttive anche nelle conclamate case editoriali del Nord.
            =Semo  o  nun  semo  è  una  serata  di  canzoni  romane,  apparsa  già  l'anno  scorso  e  riprese  con  grande
            successo quest'anno al Teatro Ambra Jovinelli, interamente restaurato ed entrato in funzione. Se non
            altro per puro interesse  e  curiosità andate  a vedere  il  risanamento  del glorioso  Jovinelli,  poi  Ambra
            Jovinelli,  ove  recitarono  Petrolini,  Fabrizi,  Anna Fougez, Rascel  e  tanti attori  romani.  L'antologia di
            canzoni è uno spettacolo decoroso e dignitoso; è il risultato della capacità, tutta di ottimo livello, di
            Nicola Povani che ne è il coordinatore. Con gusto ed equilibrio Piovani ha saputo rinnovare la tanto
            bistrattata  canzone romanesca affidandosi alla bravura di un quartetto di interpreti che danno vita allo
            spettacolo:  Massimo  Wertmuller,  conduttore  e  cantante  per  alcuni  brani,  Tosca  dalla  verace  voce
            popolare,  la  giovane  e  intensa  Donatella  Pandimiglio  e  Pino  Ingrosso  tenorino  dai  comici  e
            sproporzionati  gorgheggi.  Molte  canzoni  tratte  dalle  vecchie  Feste  di  S.  Giovanni,  molto  Romolo
            Balzani,  molto  Petrolini,  un  Puccini  (  il  canto  del  pastorello  per  il  terzo  atto  di  Tosca  )  qualche
            abbastanza inedito Fabrizi, un finale tutto sulla struggente Com'è bello fa l'amore quando è sera canzone di
            Martelli, Neri e Simi del 1939 cantata in un centone dalla Magnani in una rivista di Galdieri nel 1943 e
            riproposta nella sua versione originale da Garinei e Giovannini in Cantachiaro a Quattro Fontane nel
            1944.
            Insomma uno spettacolo di successo probabilmente perché pulito da tutte quelle croste che abbondano
            normalmente nella canzone romana e romanesca.
            =Ad un giovane popolano della Repubblica Romana, Righetto, ( nome di maniera di un ragazzino che
            non  si  è  mai  saputo  come  si  chiamasse  e  se  sia  realmente  esistito.  In  ogni  caso  era  storicamente
            necessaria la miticizzazione risorgimentale ) il Comune da qualche tempo aveva intitolato una strada,
            una scalinata, che congiunge viale di Trastevere al Gianicolo. La storia epica di Righetto è ovviamente
            suggestiva: con una banda di coetanei, fra le cannonate dei francesi durante il giugno del '49, andava a
            caccia di "bocce" che nel romanesco di quei eroici giorni non erano altro che le palle dei cannoni di
            Oudinot  che  bombardavano  la  città.  Al  momento  che  i  proiettili  arrivavano  in  terra  i  ragazzini
            cercavano con ogni mezzo ( specialmente con stracci bagnati nelle bagnarole che si portavano dietro )
            di spengere  la miccia  accesa  dalla capsula di  sparo per portarle  al Ministero della  Guerra  che  aveva
            fissato  un  compenso  di  cinque  baiocchi  alla  consegna  di  ogni  "  boccia"  inesplosa  che  poi  veniva
            riciclata contro i francesi. Centotrenta furono gli ordigni portati al ministero repubblicano. Protagonista
            di  queste  spavalde  imprese  per  eroici  morti  di  fame  fu  anche    Righetto  che  rimase  dilaniato
            dall'esplosione.  Moltissimi  altri pagarono  con  la vita  la  patriottica e  conveniente  (  se andava bene  )
            operazione  di  recupero.  Alla  fine,  specialmente  su  suggerimento  dell'onesto  Garibaldi,  il  compenso


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