Page 5 - Ruspoli
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terre, i Coleman e Duilio Cambellotti: è presente pure Francesco Ruspoli, non più in vita, con i suoi
            bronzetti e con le terracotte maremmane.
            Alla scomparsa di Francesco Ruspoli, Manlio Barberito, per più volte Presidente dei Romanisti, volle
            scrivere sulla Strenna dei Romanisti un commosso ricordo dell'amico:


            ….noi Romanisti gli eravamo particolarmente legati e non solo per le alte doti dell'Uomo, per la sua assoluta esemplare "
            romanità ", per la sua attività artistica nelle più varie espressioni, ma anche perché er  a l'unico testimone ancora vivente
            delle origini del nostro sodalizio. E infatti, fu davvero felice di essere tra noi, quando, nello stesso giugno, nel 1989,
            festeggiammo i sessant'anni del Gruppo con il pranzo nella stessa  " Osteria della Cisterna " dove vide la luce. Fu con
            noi, non solo come brillante capotavola e conversatore, ma lo ricordiamo anche come magnifico dicitore delle sue  poesie. Al
            termine suggellò la nostra riunione con un discorso nel quale seppe dirci la sua passione per questa Città e le aqpprensioni
            per le sue sorti, ma anche la gioia per aver potuto ricordare insieme a tutti noi la fondazione del nostro sodalizio.



            Era sempre quel Francesco Ruspoli che io, sin da ragazzino, al seguito dell'adorata figura paterna, avevo
            conosciuto, seguito e ammirato per tanti anni frequentando le riunioni dei Romanisti con i calzoni corti,
            poi con quelli alla zuava, divertendomi come un matto, interessandomi e appassionandomi sempre di
            più a Roma, alla sua storia grande o piccola, ai suoi personaggi conosciuti o sconosciuti, alle tradizioni
            fastose o minute. Insomma a Roma. Quant'è difficile ! Ma quant'è bello !
            Alla  vista  di  Francesco  Ruspoli,  unico  testimone  del  passato  redivivo  del  e  nel  Gruppo,  capii
            l'importanza della continuità di certi valori e finalità che non dovranno mai scomparire. Quel giorno mi
            sembrò di rivivere uno di quei lontani incontri cui avevo assistito tanti anni prima.
            Lo andai a salutare, e con antica cordialità, mi disse cose affettuosissime nei riguardi di Ceccarius, della
            lunga amicizia che li aveva uniti per tanto tempo. Aggiunse poi che era stato estremamente lusingato
            che Ceccarius avesse voluto prefare il suo Pidocchietto nell'ormai lontano 1964. Da parte mia gli dissi che
            avevo  ritrovato  alcune  fotografie  dei  Romanisti  in  gita  al  Castello  di  Cerveteri  e  di  Vignanello:  i
            Romanisti appaiono fieri e soddisfatti come dopolavoristi in vacanza, chi in piedi chi in ginocchio o
            come una squadra di calcio di vecchie glorie; un'unica sedia (siamo ancora nel 1962 e nel 1964) sulla
            quale è femminilmente accomodata la contessa Emma Amadei, unica donna, per tanti anni solo lei,
            ammessa  a  far  parte  della  maschilista  associazione.  (Pare  che  ella  stessa  preferisse  essere  la  sola
            Romanista.  Poi  le  cose,  e  giustamente,  sono  cambiate  e  abbiamo  oggi  accanto  gentili  e  validissime
            signore). Gli ricordai di un omaggio che egli fece all'amico Ceccarius: dall'amata Maremma arrivò a casa
            nostra un bellissimo cucciolo di cane pastore maremmano. Noi Ceccarelli, stracittadini, non sapevamo
            niente  di  cani,  tantomeno  di  cani    da  pastore  Ci  limitammo  a  dare  un  nome  alla  bestiola,  a  farlo
            scorrazzare nel giardino di casa all'Aventino,facendogli rompere fiori e piante con la disperazione di
            nostra  madre. Gli  fu imposto  il nome  di "Baloo",  mitico personaggio de Il libro della jungla,  animale
            buonissimo e meditativo. Mai nome si rivelò così improprio: il nostro "Baloo", crescendo, divenne un
            possente bestione, ringhioso e cattivissimo. Evidentemente soffriva a vivere in un giardino cittadino
            piuttosto  che  nella  libertà  della  sua  Maremma.  .  Un  giorno  venne  a  casa  una  bustaia  (c'era  ancora
            quest'attività artigiana a domicilio) e alla porta, appena entrata, fu azzannata da "Baloo", come sempre
            tranquillamente sciolto. Grande spavento, la povera bustaia venne lievemente ferita, pronto soccorso,
            antirabbica, doveroso risarcimento, insomma un sacco di guai. "Baloo" fu allontanato e non ne seppi
            più niente. Per casa nostra circolarono da allora pacifici e sornioni gatti. Ricordo chiaramente il sorriso
            di Ruspoli, divertito sicuramente per quanto era accaduto, ma pieno di dolce rimprovero per come non
            fossimo  stati  capaci  di  addestrare  un  cane  di  quella  fatta.  Inimmaginabile  per  lui,  cacciatore
            appassionato, a contatto continuo con la natura ( sì, d'accordo, prati e boschi, ginestre e margherite, ma
            anche cinghiali, bufali e tori ) e con i cani, fidati fratelli dei cacciatori. E con i cani da pastore, custodi
            feroci di interi greggi di proprietà.
            Anche "fuori Roma" il nome e l'opera di Francesco Ruspoli è stata ben conosciuta ed apprezzata. Due
            noti  toscani,  anzi  "toscanacci"    come  maliziosamente  si  autodefinivano,  Curzio  Malaparte  ed  Indro
            Montanelli, al di fuori del giro romanistico, a volte abbastanza pungenti per tutto quello che riguardava
            la Capitale, la cultura della città e il suo costume, hanno dato su di lui giudizi e pareri più che positivi.


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