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LA ROMA DI ALDO FABRIZI
LUIGI CECCARELLI
È chiaro, e non ci sarebbe bisogno neanche di dirlo, che la Roma di
Fabrizi è, per forza, Roma, solamente Roma. È il suo ossigeno. E lui ha
dimostrato sempre di essere romano, di amare profondamente questa città.
Sappiamo bene come lo abbia manifestato, professionalmente e seriamente, in
tutte le sue espressioni di artista, di autore ed attore: a teatro, nel cinema, in
televisione, nella poesia, nella gastronomia. In ognuna di queste facce c'è senza
dubbio una sua naturale cordialità e un'autentica paciosità che lo rendono già in
partenza simpatico. Aggiungiamo poi a queste doti alcune altre numerose
caratteristiche, tutte al limite di un innato cinismo storico: l'imperturbabilità,
l'incuriosità, l'impassibilità, il menefreghismo o - più elegantemente - il
melafumismo, quasi tutte sempre accompagnate da un velo di spocchia e di
sufficienza. Dalla magica mescolanza di tutti questi ingredienti nasce il
temperamento, la maschera del vero romano. È una maschera pericolosa e
difficilissima da gestire perché se si deborda, se si va sopra le righe è un
disastro, è solo biecamente volgare e basta. Se poi è costruita, se è di maniera,
se fa il verso a se stessa è addirittura insopportabile e deprimente. Aldo Fabrizi
è un romano vero e le sue caratteristiche romane sono soltanto schiette e
naturali. Da acuto osservatore le riprende, le registra direttamente dal popolo
con il quale è in continuo contatto. Lui stesso è un popolano, un orfano con
cinque sorelle più piccole che per campare e per dare una mano alla numerosa
famiglia, intraprende mille mestieri: fa il sarto, il venditore ambulante di
cianfrusaglie, il postino, il "ragazzo spazzola" di barbiere, il pescivendolo, il
lucidatore di mobili, il facchino abusivo; poi, nel 1925, con l'Anno Santo fa
anche il vetturino di carrozzelle, le famose botticelle.
Quanti contatti, quanti spunti così popolareschi romani ha potuto vedere
e vivere Fabrizi in quei, diciamolo e riconosciamolo, anche dolorosi anni della
sua prima giovinezza. Saranno sicuramente serviti alla sua successiva carriera
ma quanta sofferenza, quanta fatica per sopravvivere quando ancora non si sa
di andare verso la celebrità. La chiave della sua affermazione sta comunque
nella naturalezza e nella spontaneità con cui si cala nei personaggi popolari
romani da lui profondamente sentiti, proprio perché vissuti in prima persona.
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