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nome di Reginella, che nel 1932 divenne finalmente sua moglie." È una fase
importante della vita di Fabrizi, dove Roma è sempre alla base, per la sua vita
familiare e per lo sviluppo del suo successo nello spettacolo.
Il repertorio teatrale è sempre di taglio romano e romanesco. Comincia a fare
l'attore. Recite in provincia, vita molto simile a quella del teatro di Tespi, tanta
fatica, molta esperienza, sempre crescente riconoscimento personale. Il genere
romanesco piace, fa ridere, le "piazze" sono tante. Addirittura una tournée
all'estero, a New York per gli emigrati, un'altra nelle neonate colonie italiane in
Africa Orientale per gli italiani dell'Impero. Tante risate, qualche lacrima di
nostalgia per la Patria lontana, per il romanesco che fa pur sempre parte della
lingua italiana.
Arriva a Ceccarius un dono di Fabrizi. È un album di dischi Columbia,
con una vistosa copertina a fiori, di macchiette e monologhi. Con mia sorella
Francesca Romana stavamo ore e ore appiccicati al grammofono a manovella a
sentire e a ridere come due pazzi: Il tranviere, Lo sciatore, Il vetturino, Il postino, La
partita ed altre esilaranti interpretazioni. Erano pieni di tipologie ed interrogativi
tutti romani, molto studiati e di sicuro effetto comico-satirico. Ah, li carci…! Le
patate a tocchetti. Le budella…! Dice:- Mbè…Dico:-Come mbè?…Nun te vergogni? Dice:-
E che so stato io? E l'intonatissima vocetta per il "tangaccio" Tullulù non sei più tu.
Molti di questi numeri coincidevano col mondo di Attalo, significativo
vignettista di grande popolarità in quegli anni. Per molto tempo sono stato a
sentire Fabrizi al Corso Cinema quando ancora, durante l'intervallo, si apriva
magicamente il soffitto e una bellissima nuvola di fumo andava in alto lungo il
fianco dell'incombente Palazzo Ruspoli. Eravamo già in guerra e Fabrizi in
elegante frac, forse un tantino stretto, ad arte, per far risaltare la comica pancia,
recitava i suoi numeri, sempre preceduti da una canzoncina. Era molto
intonato, le parole erano pronunciate molto chiaramente, cantate con
naturalezza, senza svolazzi, come se parlasse con una musica di sottofondo.
C'era un'orchestrina diretta dal Maestro Armando Fragna che dirigeva
immobile, dava il tempo solo con le spalle e con gli occhi, senza muovere le
braccia. Ricordo che l'arrivo di Fabrizi, prima del suo numero, era basata sul
suono di tromboni, corni, flauti, quasi per suggerire con la rotondità degli
strumenti a fiato, il suo aspetto. Al termine del previsto programma di
monologhi e macchiette, Fabrizi era solito dialogare con gli spettatori. Era un
"fuori programma" a "sipario calato", un po' particolare, sicuramente poco
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