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chiamavano "Commendatore" che a quei tempi era il massimo dell'ossequio e
del rispetto. L'attuale appellativo di "Maestro" non era di moda, anzi sarebbe
suonato un po' poco riguardoso se non sfottente. Quando Blasetti mi presentò
ricordo chiaramente in Fabrizi un moto di sorpresa e di stupore che il figlio di
Ceccarius fosse capitato lì in mezzo a guitti e a gente di poco conto.
Comunque tra noi, considerato il caratterino, ci fu un corretto rapporto
professionale.
Qualche anno dopo, credo verso il 1960, ci rincontrammo a Monterosi , sotto
Viterbo, durante una "nottata" per La sposa bella di Nunnally Johnson, film
americano sulla guerra civile spagnola, con Ava Gardner e Dirk Bogarde;
Fabrizi vi prese parte, una sola "posa", un "cameo" di un eroico prete che viene
ucciso. Caratterizzazione questa che non poteva più togliersi di dosso dopo
Roma città aperta con la scusante della colta citazione. Figurarsi Fabrizi: più
arrabbiato che mai, una notte freddissima, una parte che non poteva
fregargliene di meno, andò in scena, borbottò qualche parola del suo
americano e se ne ritornò a Roma verso l'alba. Non ebbi il coraggio nemmeno
di salutarlo.
Un saluto commosso ci fu dopo la prima di Rugantino, la commedia
musicale, tutta romana, di Garinei e Giovannini. Durante la preparazione gli
autori e il costumista Giulio Coltellacci avevano preso contatto con Ceccarius
per documentarsi su scene e costumi della Roma dell'800. Al termine dello
spettacolo andai con mio padre nel camerino di Fabrizi per salutarlo e per
rallegrarci della sua grande interpretazione. Rammento un "Mastro Titta"
accaldato, sudato, distrutto, però ebbro e felice per lo scroscio di applausi che
aveva ricevuto lui, la compagnia e la commedia. Tanto era stanco che non si
alzò nemmeno dalla poltrona: era il monumento alla sua pancia e ai suoi
straordinari occhi a rana . Ma era sicuramente un monumento all'arte di Aldo
Fabrizi seduto e beato, intorno al quale gli amici giravano, numerosissimi, in
mezzo a tanti fiori e a un profumo di lavanda e di borotalco.
Credo che Fabrizi, in fin dei conti, abbia avuto una vita faticata sì, ma,
tutto sommato, felice e piena di soddisfazioni. Solo due cose non è riuscito a
realizzare: un teatro tutto suo e un grande film romano sul Marchese del Grillo
Avere un teatro personale è l'aspirazione ricorrente dei grandi attori arrivati al
pieno riconoscimento: ci riesce Eduardo a Napoli, non ce la fa Petrolini a
Roma. Ci prova Fabrizi e concretamente, tanto che, intorno al 1955 acquista il
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