Page 3 - fabrizi
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Conoscenza  del  popolo,  sì  d'accordo,  su  persone  e  fatti,  comici  o

                        drammatici  che  siano,  ma  anche  l'approfondimento  di  usi,  costumi,  modi di
                        dire  dei  romani,  Fabrizi  si  trasforma  allora  in  una  sorta  di  inconsapevole

                        etnografo, affamato di curiosità. Vuole conoscere appieno la sua Roma: è cosa
                        indispensabile ed insopprimibile per il suo carattere. Questa anche è una delle

                        chiavi del suo successo, la conoscenza totale della Roma popolare. La ricerca
                        delle  tradizioni  popolari  lo  porta,  fatalmente,  alla  poesia,  quella  dialettale,

                        naturalmente.  Ancora  molto  giovane  gira  dappertutto,  alla  caccia  di  spunti,
                        d'ispirazioni, di colore locale e di osterie, specialmente le osterie che a Roma, in

                        quegli anni ( non hanno ancora quell'orribile h davanti ), sono ancora il punto
                        d'incontro,  il  posto  prediletto  dei  veri  romani.  Luigi  Volpicelli,  l'illustre

                        pedagogista e tuttologo della città, lo ricorda, verso il 1924, da "Samuele" un'

                        "Osteria di cocina" al Ghetto, a piazza Costaguti. Lì convengono alcuni poeti
                        romaneschi conosciuti e sconosciuti: ci sono Augusto Jandolo, Carlo Pettrich,

                        Benito  Mezzaroma  tra  i  noti  e  un  gran  numero  di  ignoti  vogliosissimi  di
                        apparire  ed  emergere.  C'è  anche  Fabrizi,  poco  più  che  ventenne.  Verso  le

                        undici l'osteria chiude al pubblico e a porte serrate comincia la tornata di poesia
                        romanesca. Tutti possono recitare le loro composizioni Solo Jandolo - ricorda

                        Volpicelli  -  manteneva  i  suoi  pezzi  forti,  sempre  quelli,  che  declamava  con
                        abilità  assai  superiore  al  loro  merito,  Li  zoccoletti,  rammento  per  raccogliere

                        applausi a tutto spiano, tanto da lasciare emozionati e intimiditi i novizi. Ma
                        Fabrizi, il più ragazzo di tutti, non si spaventava. Con quei suoi sonetti di.interni

                        romaneschi, vivi, colti dal vero quasi riusciva a sbancare l'intera Misticanza di
                        Jandolo. E il pubblico si spellava le mani."

                             Nei primi anni '30, credo, tra i tanti giri alla scoperta della vecchia Roma,
                        Fabrizi frequenta "Cacarella", un buchetto di osteriola nel pieno Trastevere ,

                        tra piazza San. Giovannino della Malva e via Benedetta. È qui che s'incontra

                        con  Ceccarius  per  la  prima  volta.  È  l'incontro  tra  due  romani  che  amano
                        Roma. È una conoscenza che d'allora si trasformerà in amicizia e in reciproca

                        stima, per sempre. Uno è un giovane, carico di entusiasmo, alle prime armi,
                        senza  arte  né  parte,  desideroso  di  affermarsi  in  qualsiasi  maniera,  purché

                        "romana",  l'altro  è  il  già  maturo  Ceccarius,  riconosciuto  e  affermato  nume
                        tutelare  capitolino,  che  di  Roma  sa  tutto,  con  importanti  legami  personali

                        d'amicizia  con Trilussa, Pascarella, Petrolini.  Proprio  con Petrolini  e  qualche
                        altro amico, Ceccarius fa parte dei "Romani della Cisterna", accolta di devoti


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