Page 2 - Sulla delegazione romana dell'Accademia Italiana della cucina
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SULLA DELEGAZIONE ROMANA
DELL'ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA
LUIGI CECCARELLI
Quando penso alla Delegazione Romana della Cucina
mi vengono subito in mente Orio Vergani, Luigi Volpicelli,
Secondino Freda e, ovviamente, la figura paterna di Ceccarius
e tanti altri innamorati della buona tavola e, diciamolo pure,
della vita e della gioia di vivere. Dio mio quanti ricordi, quanti
fatti, cose e persone che, insieme a tanti altri avvenimenti, non
riesco a cancellare dalla mia memoria. Dell' Accademia della
Cucina, anche se sono passati una sessantina d'anni, ne ho
ancora un'immagine vivissima. E poi, in fin dei conti, nel 1953,
ai tempi dell'origine della Delegazione di Roma, avevo allora
solamente 26 anni e a quell'età credo che le cose nuove,
interessanti e bellissime che ti sono venute incontro non si
possano più scordare.
Ma sia chiaro, oggi, non vorrei rivestire il ruolo del
garibaldino. Mi spiego meglio: cioè non vorrei apparire come
uno di quei vecchietti che partecipano immancabilmente,
tuttora, da più di cent'anni, alle manifestazioni patriottiche e d'
Arma. Li vediamo con i loro pastrani con su le mostrine,
accanto ai loro gloriosi labari, carichi di tintinnanti medaglie in
rappresentanza dell'Idea garibaldina. Niente mostrine, niente
labari dell'Accademia Italiana della Cucina e della sua
Delegazione di Roma, che per fortuna non esistono (nella
grafica accademica non c'è traccia di scontate forchette, di
banali cappelli da cuoco, dei soliti e stravisti piatti fumanti.
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