Page 3 - Sulla delegazione romana dell'Accademia Italiana della cucina
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Vige unicamente,  come logotipo, il raffinato ed elegante

                           Tempio racchiuso dalla dicitura del Sodalizio).

                           Quindi niente rievocazioni e  celebrazioni anche perché, lo

                           giuro, non ne sono capace. Sarei il primo a riderne.

                            L' Accademia è nata semplicemente, solamente e giustamente

                           perché si voleva che la gente seguitasse a mangiare bene e che

                           la gastronomia fosse conservata e viva nella tradizione, in ogni

                           città d'Italia. Conservazione in senso molto ampio e cioè
                           anche presidio, salvaguardia, custodia, cura, studio e diffusione


                           della Cucina italiana. Erano gli anni in cui nascevano altri
                           organismi, si attivavano analoghe Associazioni in altri specifici

                           settori, tutti a difesa da uno stravolgimento di antichi valori e

                           di un inarrestabile e fatale consumismo che si dichiarava

                           furbescamente civilizzatore contro ogni segno di civiltà,  quella

                           autentica. Insomma, quello che è e costituisce  il patrimonio

                           nazionale. Posso dire che l'Accademia Italiana della Cucina, in

                           tutte le sue delegazioni, abbia osservato  ed attuato fino in

                           fondo questi principi.

                           Ma già prima che nascesse ufficialmente l'Accademia, in

                           particolar modo a Roma e  a Milano, covava comunque uno

                           spontaneo quanto consapevole interesse per alcuni valori della

                           cucina della tradizione locale. Per esempio, almeno dal 1925,

                           su  La Tribuna e poi su Il Tempo Ceccarius scriveva e

                           commentava quel che si mangiava a Roma nei giorni festivi e

                           nelle ricorrenze dell'anno. Un vero e proprio calendario

                           gastronomico romano, di stretta osservanza: Vigilia e Natale,

                           Capodanno, Befana, digiuno quaresimale e maritozzi relativi,

                           Pasqua, Ferragosto... Ricordo anche perfettamente che a casa

                           nostra, prima di pranzo ci leggeva e ci illustrava certe ricette di
                           cucina romana tratte da Il Talismano della Felicità e dal periodico



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