Page 4 - Sulla delegazione romana dell'Accademia Italiana della cucina
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Preziosa, entrambi di Ada Boni. La lettura di questi sacri testi ci
faceva venire una gran fame. È risaputo che Ceccarius amava
le osterie. Le riteneva il tempio dell'amicizia e non di
perdizione; erano un punto d'incontro non soltanto per
giocatori di carte o per ubriaconi ma per gente di qualità. E,
affermava "…Per gente che ama star seduta comodamente, in
quelle larghe sedie di paglia, così autentiche, così ospitali, così
fresche d'estate… Insomma, all'osteria per gustare la cucina
semplice, alla romana, quando non dichiaratamente
romanesca; seduti ai tavoli con commensali uguali a noi, con i
nostri stessi gusti, i nostri principi, le nostre aspirazioni, e
anche le nostre ansie, i nostri guai. E lì, potersi leccare i baffi
senza scandalo per un buon piatto, e senza scandalo farsi la
scarpetta del sugo rimasto…". Una dichiarazione di intenti
più volte attuata se pensiamo che un'accolita di devoti
esaltatori di Roma, senza programmi e senza statuti, si
riunivano appena poteva, in numero limitato, nel noto locale
trasteverino La Cisterna. Ne facevano parte Ettore Petrolini,
Trilussa, Augusto Jandolo, Franco Liberati, Ettore Veo,
Enrico Tadolini, Pietro Fornari e Ceccarius che era
ovviamente il promotore della congrega; vollero appunto
chiamarsi "I Romani della Cisterna". Dopo qualche anno,
verso il 1933, alla stessa maniera si costituiva il noto "Gruppo
de Romanisti". Anche questi ultimi si incontravano nelle
numerose e accoglienti, allora, trattorie e osterie di Trastevere,
Testaccio, Monti ed altre nella vecchia Roma: erano briose
brigate di poeti, scrittori, artisti e giornalisti, romani e non
romani, uniti ad altri artisti, giornalisti ed intellettuali stranieri,
specialmente tedeschi, i quali si definivano "malati di Roma".
Queste riunioni divenivano spesso vere e libere Accademie di
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