Page 6 - Sulla delegazione romana dell'Accademia Italiana della cucina
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In queste tavolate la parola d'ordine era di fare liberamente,
con passione e disinteresse, qualche cosa per Roma. E proprio
nell'ambito conviviale furono pensati e successivamente
realizzati programmi culturali di notevole interesse come
mostre, rassegne, periodici, premi letterari di alto interesse
romano. Tutto a tavola. Anche la notissima Strenna dei
Romanisti fu progettata durante uno di questi simposi. Più
precisamente, lo ricordo benissimo, un sabato del novembre
1939, (gli appuntamenti avvenivano perlopiù in questo
giorno), da "Toto” a via delle Carrozze, anche noto come
"Toto alle mezze porzioni": va da se che si spendeva poco e i
piatti richiesti erano molto abbondanti e squisiti. Cose mai più
viste né più intese. I Romanisti vollero dimostrare la loro
esistenza e il loro desiderio di contribuire per quanto possibile
a dare luce e rilevanza a Roma. E così avvenne, e così si
continuò sempre senza alcuna interruzione neppure nei tristi
anni di guerra. Insomma a tavola, tra un boccone e l'altro,
nell'ambito di una buona e semplice cucina romana si
mangiavano piatti gustosi e prelibati e si producevano alcune
cose di rilevante interesse in un clima di grande fervore e
speranza. Cose mai più intese né viste. Non parliamo poi,
oggi, di "pranzi" o peggio di "colazioni di lavoro". È tutt'altra
cosa. Anche al di fuori delle congreghe, delle associazioni, dei
gruppi che ho citato, un fermento di ricercare posti
caratteristici dove mangiare bene secondo la tradizione c'era.
Meglio se i locali avevano la possibilità di ospitare commensali
pronti, oltre a mangiare civilmente, anche a discutere su temi
che sarebbero potuti fiorire successivamente. Il piacere di una
costruttiva conversazione a tavola e il piacere del dopo pranzo,
con il sacro goccetto. Cose né più viste né sentite.
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