Page 11 - Sulla delegazione romana dell'Accademia Italiana della cucina
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a via Branca, "Pierluigi" a piazza Ricci, "Impiccetta" ai

                           Fienaroli, "Romolo" a Porta Settimiana, e sicuramente altri che

                           non ricordo.



                           Particolarmente efficiente e produttivo fu l'affiancamento che

                           Ceccarius ebbe con Volpicelli e con Secondino Freda. La

                           convivialità per Volpicelli era il cardine dell'amicizia umana. E

                           dice: "Con Ceccarius e Freda, ad esempio la nostra amicizia,
                           che era di una fraternità esemplare, è nata a tavola, si è


                           consolidata a tavola, ed a tavola ha fiorito sempre… Io,
                           Ceccarius e Freda eravamo un po’ i tre moschettieri alla ricerca

                           del nostro D'Artagnan… E ne abbiamo trovati parecchi. Basta

                           guardare gli elenchi degli accademici di Roma per accorgersi

                           che dalla nostra Delegazione è passato il fior fiore: per dirlo

                           alla romana, erano li mejo fichi der bigonzo".

                           Di Secondino Freda è difficile, è impossibile parlarne in

                           termini brevi. L'ho conosciuto molto bene, gli ho voluto

                           molto bene, ho avuto modo di valutarlo direttamente. La

                           prima cosa che mi viene da dire è quella che Secondino era

                           una persona  buona, anzi buonissima, di grande lealtà, di

                           commovente amicizia, piacevolissima e curiosa. Direi unica,

                           speciale. Uno degli uomini,  anche, più paciosi che ho

                           conosciuto. Tutti gli volevano bene e lo ritenevano il più

                           competente esperto di cucina e di tavola, non solamente

                           romana e romanesca, ma anche forestiera e straniera.

                           Insomma il Pontefice Massimo della Cucina. A queste sue doti

                           univa una conoscenza storica  eccezionale, frutto di una

                           paziente ricerca pure sui risvolti più reconditi dell'ambiente

                           romano e laziale. Ha potuto lasciare, gliene siamo
                           riconoscenti, un notevole numero di interventi scritti



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