Page 12 - Sulla delegazione romana dell'Accademia Italiana della cucina
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attraverso libri, basterebbe citare per tutti il famoso Roma a
tavola, e un'infinità di articoli. Solo per la Strenna dei Romanisti,
nei lunghi anni di collaborazione, figurano una ventina di titoli.
In collaborazione con Volpicelli ha scritto poi un grande
ricettario, il polemico Antiartusi, che occupa un posto di rilievo
nella convenzionale ed immensa editoria dei libri di cucina.
Al pratico, quando si trattava di andare a mangiare con lui, si
trasformava, sempre dolcissimamente, in un uomo tutto di un
pezzo. C'erano, per esempio, cose che lo irritavano: i suoi
implacabili atti di accusa contro i piatti confezionati con salse e
miscugli bastardi (diceva più romanescamente "balordi") e
adulterati con "trovate" (e sentenziava "Con la Cucina non si
scherza!"), trovava intollerabili le "Hostarie", con
quell'insopportabile H iniziale; denunciava in tutto questo
l'eretico disegno dell'oste infedele che svelava il tradimento
verso la vera, santa romana Cucina. Con stupefacente paciosità
imponeva che prima di mangiare si bevesse un bicchier
d'acqua perché le papille della lingua potessero essere pulite;
poi anche affermava che le mele fritte vanno mangiate per
ultime; queste sono il dessert, ovvero l'ultima portata di quel
grandioso e trionfale, curiale piatto di cucina romana che è il
fritto dorato. Su questa linea di sacro rigore una volta ci invitò
a pranzo, suoi ospiti. Eravamo in quattro: Secondino,
Ceccarius, Alfredo Apolloni (Consultore della Delegazione,
avvocato di grido, mio suocero, fine gastronomo e terrore
delle donne di servizio di casa sua) ed io. L'appuntamento era
verso l'una da Checchino al Mattatoio, ad un passo dall'ufficio
di Freda. Avevamo appena finito di mangiare degli ottimi
rigatoni con la pajata, quando vedemmo che Secondino in
tutta tranquillità usciva dalla trattoria. Al nostro naturale
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