Page 25 - Il mito popolare di Cola Di Rienzo
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tre  fratelli  librai,  storici,  uomini  e  donne,  giovani  e  vecchi.  Vengono  distribuite  le  parti  e

                   incominciano le prove che durano tre mesi; si ottiene il patrocinio del Comune di Genzano

                   e  dell’Assessorato  alla  Cultura,  si  raggiungono  accordi  di  contribuzione  con  vari

                   commercianti  e  con  un’Associazione  culturale,  Folklandia.  Il  testo  è  una  liberissima

                   interpretazione della storia di Cola nella quale agiscono molti personaggi di fantasia da nomi

                   echeggianti  il  medioevo.  Tutto  è  condotto  alla  buona,  semplicemente,  senza  pretese,  ma

                   sempre con quella dignitosa volontà tipica dei bravi, entusiasti e consapevoli filodrammatici

                   nello svolgimento del loro disinteressato impegno. Si, per esempio, i costumi non sono quelli

                   della vicenda ma si rifanno a un Ottocento folkloristico di maniera tanto è vero che sono
                   quelli  utilizzati  tutt’oggi  a  Genzano  in  occasione  dell’”infiorata”  del  Corpus  Domini.

                   Incongruamente appaiono in scena alcune “savonarole” che al tempo di Cola ancora non

                   esistevano.  Ma  che  fa?  Quanti  Amleto  in  frac  abbiamo  visto!  Il  testo  è  interamente  in

                   romanesco di oggi e il racconto è principalmente incentrato su due punti: la passione di Cola

                   per l’Antica Roma e la delicata storia d’amore tra il protagonista e una popolana romana che

                   naturalmente (ma fantasiosamente) si chiama Fiammetta. Sullo sfondo della vicenda risalta la

                   sempiterna  lotta  tra  patrizi  e  plebei.  Rock,  serenate,  chitarrate,  brindisi  al  vino  e  alla
                   tradizione,  costituiscono  la  vivace  e  variegata  parte  musicale  che  si  deve  anche  a  Fabio

                   Bianchi. Ecco alcuni esempi delle parole di qualche canzone. In un inno di programma e di

                   speranze: “Verà er giorno der riscatto, / er giorno de la libbertà, verà er giorno che er lavoro

                   / er prezzo giusto troverà. / Verà er giorno che pur er conte lavorerà, / che si vole pane e

                   vino, / se l’ha da buscà.” In una canzone d’amore così si strugge Fiammetta: “Cola, amore

                   mio, / tu parti e io te presto er core mio, però tu in cambio damme er core tuo, / che batte

                   forte  e  me  farà  campà.”  Risponde  Cola:  “Oggi  me  sento  er  centro  der  creato,  /  sò

                   innamorato si, sò innamorato, / nun penzo a gnente più.” E un pensiero d’amore, questa

                   volta a Roma: “Roma e ‘n libbr’aperto / de paggine de pietra, //// Sarcofaghi e colonne, /
                   fontane e piedistalli, sò fiori de sapienza / ner prato della storia.” Insomma questo Cola di

                   Rienzo,  non  è  né  Jesus  Christ  Superstar,  né  Evita,  né  Rugantino  ma  è  comunque  un

                   tentativo  testardo  di  rappresentazione teatrale in chiave moderna e una prova concreta di

                   come il mito di Cola di Rienzo sia arrivato alla forma inaspettata di commedia musicale. La

                   prima  rappre-sentazione  è  avvenuta,  con  successo,  al  Cinema-teatro  Cynthianum  di





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