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SU PASCARELLA
                               Nuovo Circolo degli Scacchi - Mercoledì 19 ottobre 2005 - h 18





            Signore e Signori, buonasera.
                   Prima di tutto vorrei dare - anche a nome dell'amico Lino Cascioli - un vivo ringraziamento a
            tutti voi che siete venuti qui cosi numerosi per ricordare Cesare Pascarella. Sì, perchè Pascarella è poeta
            ancora assai popolare e molti di noi ne rammentano sicuramente alcuni versi fin dai tempi delle scuole
            elementari.  Specialmente  quelli  di  alcuni  sonetti  de  La  scoperta  de  l'America  così  facili,  chiari  ed
            ingenuamente spiritosi tanto da essere recitati dai bambini e dalle bambine, quelli con il grembiulino blu
            e  quelle  con  il  grembiulino  bianco.  Atmosfere  molto  simili  a  quelle,  in  cui,  con  gli  abitini  buoni,
            altrettanti bambini declamavano le poesiole all' Ara Coeli fra il Natale e la Befana.
                   È chiaro che un meritorio riconoscimento va al Nuovo Circolo degli Scacchi, nelle persone del
            suo Presidente, Marchese Giulio Patrizi di Ripacandida e del Consigliere addetto alla Cultura, dottor
            Giovanni  Paleologo,  coadiuvato  dal  consocio  dottor  Carlo  Siciliani,  che  hanno  promosso  questa
            iniziativa  dando  così  seguito  alla  tradizione  di  coltivare  anche  i  vari  interessi  culturali  nell'ambito
            dell'antico Sodalizio. Li ringraziamo per l'attenzione rivoltaci.
                   Il ricordo di Cesare Pascarella che vi esporremo verterà sulla sua vita, sulle sue opere, sulle sue
            aspettative  ed  aspirazioni  e  sul  mondo  romano  in cui  egli  ha  vissuto.  Una  vita  di  strana  e  singolare
            contraddizione: da una parte un riconosciuto e generale successo, quasi una beatificazione, e dall'altra
            un'intima, profonda, personale, drammatica solitudine.
                   Qualcuno  la  chiama  la  "Rometta";  altri,  più  seriosi,  la  definiscono  "Roma  Capitale".  È,
            insomma, la Roma del regno di Umberto I nell'ultimo centennio dell'Ottocento. La vita quotidiana si
            svolge nel centro storico, tra piazza Colonna e Largo Sciarra: lì ci sono il Parlamento, i giornali, nati
            numerosissimi dopo la "Breccia" (Il Don Chisciotte, Il Capitan Fracassa, Il Popolo di Roma, Il Fanfulla, La
            Tribuna e tanti altri), i Caffè Aragno e Morfeo, e in special modo, mattina e sera, si va lungo il Corso per
            vedere e farsi vedere ma dove, sopra ogni cosa, c'è la passeggiata delle carrozze del bel mondo e dei
            Reali, con le livree rosse, che vogliono popolarità tra la gente.
                   La vita degli artisti, italiani e stranieri, è nel quartiere tra il Babuino, il Caffè Greco ai Condotti e
            via Margutta. Questa strada costituisce un mondo a parte e nell'Associazione Artistica Internazionale,
            più  brevemente  chiamato  il  Circolo  Artistico,  è  il  quartier  generale  di  un'attività  spregiudicata  e
            caratteristica  che  si  manifesta  nelle  Feste  del  Carnevale  e  nei  raduni  campestri  e  buffoneschi  del
            Carnevale di Cervara, inventata, si dice da Salvator Rosa. Questa Cervara è un gruppo di grotte appena
            fuori  Porta,  sulla  Prenestina,  ed  è  meta  di  una  cavalcata  di  artisti  stranieri  a  Roma,  in  maggioranza
            boreali e tedeschi che mascherati nelle fogge più strampalate, armati con spade di legno, elmi di latta,
            decorazioni di carta, a dorso di poveri muli anch'essi bizzarramente abbigliati, raggiungono la piccola
            pittoresca località e si abbandonano ad abbondanti bevute di vino dei Castelli. Cesare Pascarella, un
            ragazzo bassetto e magrolino con una faccia inconsueta, recita a braccia alcuni sonetti. Preso dall'allegria
            e dalla baldoria della festa non li ha scritti e l'improvvisa così fra le risate e gli applausi dei pittoreschi
            gitanti.
                    È il tempo che tutti, uomini e donne si mascherano; d'altronde è uno dei maggiori divertimenti
            di  questo  periodo.  Avvengono  allora,  a  questo  proposito,  perfette  riproduzioni  della  grande  pittura
            italiana e straniera, specialmente quella storica, con la presenza di figuranti adeguatamente in costume:
            vi  prende  parte  l'alta  aristocrazia  romana  e  il  Corpo  Diplomatico  accreditato.  Tutto  preparato  e
            realizzato nelle  grandi sale  dei   nobili palazzi:  sono  i  famosi Tableaux vivants.  Di  questi, spettacolose
            nature morte di persone vive, c'è la documentazione attraverso rare e raffinate fotografie. Poi, e questa
            volta sono gli artisti italiani che organizzano la ricostruzione delle Paliliae, festa dell'Antica Roma, con
            autentici  cavalli  di  gran  razza  (in  questa  occasione  niente  somari,  con  la  Romanità  non  si    può
            scherzare)  e  la  partecipazione  di  baldanzosi  e  fieri  gladiatori,  senatori  e  centurioni  solennemente  a
            passeggio per l'Urbe. Nelle feste di Carnevale, e se ne stanno svolgendo le ultime, le mascherate e i balli
            in  maschera  continuano  sì,  ma  un  po'  in  sordina,  più  per  abitudine  che  per  altro,  con  la  stanca


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