Page 3 - Su Pascarella
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partecipazione di ricchi e poveracci, di stranieri e forestieri. Le ultime maschere hanno  prevalentemente
            una  caratteristica  pungente  e  satirica  d'occasione  e  su  personaggi  d'attualità:  ricordiamo  quella  del
            Generale Mannaggia La Rocca con la quale si voleva prendere in giro il vero Generale Morozzo della
            Rocca, alto dignitario militare e ministro della Guerra. Qualche ballo ancora, ma con le sole mascherine
            e con i primi cotillons. Avvengono adesso all'interno dei nuovi teatri, al Corso, all'aperto, non ci va più
            nessuno, il Carnevale romano, quello vero, sta morendo. Imperversa, sovrano,il maestro di ballo Enrico
            Pichetti.
                   In quest'ambiente tra vari personaggi del giro culturale, poeti, scrittori, giornalisti, artisti viene
            iniziato  e  spicca  per  precoce  vivacità  nel  tipico  mondo  che  tanto  colore  dava  alla  boheme  romana
            Cesare Pascarella, pittore, poeta, giornalista e viaggiatore. Vedremo.
                   Cesare  Pascarella  nasce  a  Roma  nel  1858  a  via  dei  Portoghesi,  nei  pressi  della  Torre  della
            Scimmia,  nel Rione  di  Campo Marzio.  Tutte  le  sue  successive  abitazioni  romane  saranno  in  questo
            stesso Rione. Il padre, Pasquale, è ciociaro, la madre, Teresa Bosisio è piemontese. Da tale connubio
            viene fuori un poeta romanesco. Dalla madre che amava improvvisare versi Cesarino prende il gusto di
            comporne  qualcuno  anche  lui  già  da  bambino.  Purtroppo  di  queste  prime  prove  poetiche  non  c'è
            traccia, tutto è andato perduto. Dal padre che aveva preso parte ai combattimenti del '48 a Vicenza
            auspicando la libertà d'Italia odiando il governo pontificio, eredita il fortissimo sentimento antipapalino
            che coltiverà per tutta la sua vita portandolo ad essere definito il poeta dialettale del Risorgimento. I
            Pascarella a Roma hanno una tabaccheria in via Laurina, sempre a Campo Marzio, più o meno dietro il
            palazzo, Palazzo Ruffo, dove poi Pascarella morirà nel 1940. L' infanzia del piccolo Cesare è molto
            irrequieta  anche  se  intervallata  da  lunghi  periodi  di  solitudine;  i  genitori  decidono  di  metterlo  in
            seminario a Frascati per una più  equilibrata educazione.  Il 20  settembre  1870,  il  giorno  stesso della
            "Breccia", non perde l'occasione per andarsene via giungendo a Roma a piedi ancora con l'abito talare
            addosso proprio dei seminaristi. Rimedia qualche scapaccione e qualche insulto dai liberaloni in quelle
            ore di accanito anticlericalismo. Riprende gli studi all'Apollinare ma senza nessun profitto, poi prova
            all'Istituto di Belle Arti ma con modestissimo risultato, poi va a bottega di Attilio Simonetti, pittore e
            antiquario, che è nel giro e molto amico dello spagnolo Mariano Fortuny artista assai alla moda in quel
            periodo. È così iniziato alla pittura della Campagna Romana, prende parte al noto "Gruppo dei XXV",
            partecipa alla vivace scapigliatura romana del Caffè Greco e del Circolo Artistico. Lì dà i primi saggi
            della sua poesia rivelandosi altresì pittore di asini. Proprio lui ama definirsi così, "pittore d'asini" In quei
            tempi i somarelli, specie fuori Porta del Popolo, abbondavano e costituivano dei modelli pazienti e,
            come diceva lui  stesso "impagabili". "Se si  facessero pagare - osservava  - non sarebbero più somari
            sarebbero uomini"
                   Dal Caffè Greco all'ambiente giornalistico è rapido il passo. Lì pure si fa notare anche per la
            stranezza dell'abbigliamento: abiti di strani colori, il cappello a caciottella, uno scialletto a scacchi, le
            ghette  color  nocciola  e  la  pipa  di  gesso.  È  un  eccentrico,  non  sta  mai  fermo,  per  soprannome  lo
            chiamano  "La  scimmietta".  E  infatti  ecco  allora  che  nel  1881,  in  occasione  del  terremoto  di
            Casamicciola,  quando  l'Associazione  della  Stampa  organizza  uno  programma  d'arte  varia  al  Teatro
            Costanzi in favore delle vittime, nel quadro satirico  dello spettacolo intitolato "Il Museo degli animali
            impossibili" vi figura Pascarella vestito da scimmia, arrampicato su di un albero di cocco che diverte il
            pubblico  con le  capriole  nella sua maschera di  scimmietta  ubriaca. Un'artista buffo.  Senza  problemi
            d'immagine.
                   Frequenta i giornali e i gruppi letterari romani particolarmente quelli vicini all'editore Angelo
            Sommaruga e al periodico Capitan Fracassa. Siamo nel 1881, Pascarella, Pasca per gli amici, ha 23 anni e
            comincia  a  tempo  pieno  a  fare  il  poeta.  Recita  le  sue  cose  con  grande  trepidazione  e  timidezza  a
            persone  e  personaggi  dell'ambiente  letterario  e  giornalistico  e  viene  positivamente  apprezzato.  E,
            finalmente, nell'agosto del 1881 nella "Cometa-Strenna", numero unico del Capitan Fracassa appaiono i
            primi suoi sonetti. Lusinghiero successo. Poi nello stesso anno altri ne sono pubblicati su la Cronaca
            bizamtina e, alla fine, Gandolin, pseudonimo di Luigi Arnaldo Vassallo, direttore del diffusissimo Capitan
            Fracassa annuncia la collaborazione fissa di Pascarella al suo giornale. Ecco, a questo punto,  un gruppo
            di queste prime composizioni. Dovremo ringraziare Lino Cascioli per i suoi commenti critici e per la
            perfetta dizione degli stessi.


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