Page 7 - Su Pascarella
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mio godimento, senza mai attendere un riconoscimento e un premio. Se mai potrei recitare un gruppo
            di sonetti; ma che la cosa venga così, naturalmente, senza accomodamenti, senza rumore." Il 23 ottobre
            1930  giunge  la  nomina  ad  Accademico  d'Italia  a  rompere  il  silenzio  che  lo  circonda,  ma  che  non
            sminuisce  il  valore  della  sua  opera  poetica.  Nomina  non  cercata  e  non  desiderata.  Sicuramente
            inaspettata."È Mussolini stesso - scrive Silvio D'Amico - che nel volgere attorno lo sguardo in cerca di
            poeti  per  elevarli  all'altissima  dignità,  lo  ferma  su  Pascarella  e  superando  i  suoi  stessi  pregiudizi
            antidialettali lo invita a far parte dell'Accademia d'Italia". Com'è noto non ha la tessera fascista. Ciò è
            fatto notare a Mussolini che risponde "Ma è sempre Pascarella". Un'infinità di supposizioni si sono fatte
            sull'impressione  che  Pasca  prova  quando  si  vede  vestito  con  la  divisa  accademica  (feluca,  spadino,
            alamari eccetera): facili e scontati richiami alle Feste di Cervara, alle mascherate al Circolo Artistico, a
            Generale  Mannaggia  La  Rocca  ed  a  tutto  quell'altro  pittoresco  ciarpame.  Non  sappiamo  se
            effettivamente  ironizzasse  sull'onore  che  gli  è  stato  reso,  quel  che  è  certo  è  che  ne  è  soddisfatto  e
            confortato. Indossa la divisa il meno possibile. Forse si vergogna un po'. È tenero quando apposta va
            dai  parenti  a  farsi  vedere  in  uniforme  accademica.  Non è  ricchissimo  ma,  essendo  stato  sempre  in
            buone condizioni economiche, non incassa gli assegni che  gli spettano.
                   Sta  vivendo  il  riconosciuto  successo  in  Italia  e  all'estero,  la  metamorfosi  dalla  "scimmietta"
            all'Accademico, la solitudine, ma più che altro, il continuo assillo per Storia nostra. È il momento che
            Cascioli ci spieghi  e ci reciti qualcosa su quest'opera.

                   Storia nostra COMMENTO e LETTURA
                   Fine COMMENTO E LETTURA

                   Io Pascarella l'ho conosciuto. Ma meglio, più che conosciuto l'ho visto, abbastanza alla lontana
            come abbastanza lontani sono i miei ricordi.. Una volta, sarà stato il 1937 o il 1938, avevo una decina
            d'anni, accompagnai mio padre Ceccarius che lo andava a trovare nella casa dove abitava, proprio qui
            davanti, sul Corso, all'angolo con piazza del Popolo. Nel medesimo palazzo, al numero 4, c'era tanta
            gente di Roma: vi abitavano Augusto Jandolo, antiquario e poeta, i Garinei, e il pittore Livio Apolloni.
            Ceccarius, uno dei pochissimi ammessi alla visita, si era quella volta accomodato con l'amico Pasca sul
            terrazzo, bellissimo, che si affacciava sulla piazza con a fianco il verde del Pincio. Stavo, ovviamente, da
            parte, come si conviene ad un ragazzino, per non impicciare, come diciamo noi a Roma. Ma anche se
            pur discostato,  vidi chiaramente una cosa così insolita che non si è più presentata ai miei occhi: i due
            amici si passavano l'un l'altro domande e risposte attraverso foglietti di carta da loro scritti. In questo
            modo  si  esprimeva  la  loro  conversazione.  Pascarella  era  diventato,  insomma,  da  almeno  vent'anni
            prima,  completamente  sordo. Non un  sordastro  come  ce  n'è  tanti,  me compreso.  Un  sordo  storico
            come Beethoven,  come  Smetana, come  Padre Guglielmotti.,  come  Alma Mahler.  A  pochi  metri  dal
            terrazzo  c'erano  le  campane  di  Santa Maria  in  Monte  Santo,  una  delle  chiese  gemelle  di  piazza  del
            Popolo. Da quella così ridotta distanza i loro rintocchi arrivavano come boati: Pascarella non li sentiva
            proprio.  Con  molta  tristezza,  ma  con  l'abituale  spirito,  riferendosi  alla  propria  sordità,  diceva:
            "D'Annunzio mi ha invitato più volte al Vittoriale. Ma che vuoi; non potrei udire i colpi di cannone che
            farebbe tirare in mio onore. "  Pascarella mi sembrò un vecchietto di aspetto molto signorile, smilzo,
            ossuto, con una faccia tristemente serena. Mi par di ricordare, più di ogni cosa, la delicata ma ferma
            presa delle sue mani al momento che io, tutto impettito ed emozionato, andavo a salutare e a riverire
            l'importantissimo Poeta che mi avevano sempre detto. Ceccarius qualche anno dopo mi confidò alcune
            cose che riguardavano i contatti avuti con il suo Pasca: per esempio la genuina gioia che gli espresse
            quando gli comunicò  che  era stato chiamato  a far  parte  del Gruppo  dei Romanisti. Il  Poeta  amava
            profondamente la sua città, le sue tradizioni, i suoi abitanti. Sulla storia di Roma poi abbiamo capito ed
            abbiamo  inteso  quanto  fosse  pungente  il  suo  interesse,  coltivato  per  tutta  una  vita.  Una  vera
            appassionata sacra fissazione. Evidentemente Ceccarius gli era in particolar modo simpatico se, senza
            nessun problema, gli fece  pervenire  quattro  versi  autografi  firmati tratti  da La scoperta de l'America. I
            versi, trasferiti successivamente su mattonella, fanno parte della collezione di ceramiche fissate a muro
            della casetta di Ceccarius a Santa Severa; si tratta di composizioni autografe riguardanti tutte il mare: ce
            ne sono una quarantina di nomi illustri di scrittori e poeti degli anni '30, '40, '50 e '60. Papini, Bacchelli,


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