Page 5 - Il mito popolare di Cola Di Rienzo
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Con queste premesse cos'è il mito di Cola di Rienzo? Varrà la pena, forse, per una più
organica esposizione, esaminare per distinte sezioni o categorie quello che c'è pervenuto in
tanti anni. Vediamo un po'.
Celebrazioni laiche.
Subito dopo la Breccia di Porta Pia una ventata di energia buzzurra sembra scuotere
persino la paciosa popolazione romana. Del resto per Roma Capitale c'è da fare un sacco di
cose: ministeri, case per chi viene da Torino e da Firenze, muraglioni per le solite alluvioni
del Tevere, piani urbanistici con i relativi sventramenti di interi quartieri e creazione di nuovi
altri, trasporti pubblici, ponti e stazioni. Tutto insomma. Ci vorranno cinquant'anni di una
tumultuosa crescita perché la Capitale improvvisata si trasformi in una città più stabile e un
po' più organizzata e moderna. C'è anche il bisogno di ricordare che l'Italia è finalmente
unita. Roma può diventare così la "Terza Roma". E allora celebrazioni, corone d'alloro,
pellegrinaggi, monumenti, nomi nuovi per strade e piazze, statue, erme, lapidi che ricordino
gli eroi, i pensatori, i fautori, insomma i miti della raggiunta agognata Libertà ed Unità. In
questo vortice, tra i primi viene ripescato Cola di Rienzo. Non passa un anno che gli viene
dedicato un busto al Pincio, opera dello scultore Gerolamo Masini, insieme a quello di
Arnaldo da Brescia e di Stefano Porcari, entrambi dello stesso giro antipapalino. L'infornata
della triade ha un evidente significato anticlericale che la distingue dai più quieti 62 busti già
esistenti nel 1865, al tempo di Pio IX (letterati, artisti e uomini illustri della Roma antica).
Quello di Cola di Rienzo si trova al Viale dei Bambini (dando le spalle al piazzale del
belvedere è sulla sinistra per andare all'orologio ad acqua).
Nel 1872 si vuole nuovamente rendere onore a Cola di Rienzo murando una lapide in
via di S. Bartolomeo de' Vaccinari, la strada che tuttora unisce la lunga piazza delle cinque
Scole (già via del Progresso) a via Arenula, all'altezza del Ministero di Grazia e Giustizia. La
lapide è tuttora esistente ma più che a una lapide ci si trova di fronte a un pezzo di marmo
tutto "zozzo" (non si può dire diversamente) dove si legge con fatica il testo: QUI PRESSO
/ NACQUE L'ULTIMO DEI TRIBUNI / COLA DI RIENZO / S.P.Q.R. / 1872. E'
molto singolare come, in quel periodo così incline al roboante, l'epigrafe suoni stranamente
tanto sobria. Non so chi abbia dettato la laconica iscrizione ma, sia opera di un vero
letterato, in crisi anemica o di un oscuro funzionario comunale, indica chiaramente che lì
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