Page 25 - Genta a Roma
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Nel retro del disco Roma, Roma, Roma di Antonello Venditti, c’è un’altra canzone, Boys: in
una pausa musicale di questa è inciso il rombo vocale di Dante. Anche la perentoria frase "La
Roma non si discute, si ama", che appare ancora oggi in molti striscioni allo stadio, pare sia stata
coniata da lui pure se altri l’attribuiscono a Renato Rascel, fervente sostenitore della squadra.
Altre volte, allo stadio, Dante non regge all’emozione e all’entusiasmo e sviene: tutti gli si
fanno intorno, lo aiutano, si preoccupano, lo assistono. Viene fuori qualche Sportino Borghetti, un
miscuglio di alcol e caffè: lo beve anche perché ne è ghiotto; si riprende e, come niente fosse,
continua la sua missione estenuante di capo.
Si può quindi immaginare il tripudio di Dante il giorno dello scudetto romanista del 1983:
da autentico capopopolo guida la massa esultante dei romanisti per tutta la città, imbandierata,
rumorosa e gioiosa, nuovo Ciceruacchio.
Purtroppo Dante non farà in tempo a vedere l’altro scudetto, perché morirà nel novembre
2000. L’addio è grandioso. Tutta la squadra, i quadri dirigenti, e particolarmente la tifoseria, la
sua tifoseria, quella sempre presente allo stadio in servizio permanente effettivo, lo ricordano. La
domenica successiva alla sua morte i giocatori, in trasferta, portano il lutto. La domenica
seguente, Roma-Perugia, una cerimonia ricorda affettuosamente Dante. Prima dell’incontro entra
in campo una Vespa con due tifosi e fa tre giri di campo con un bandierone giallorosso (il diletto
figlio Roberto, troppo commosso, non se l’è sentita di fare il portabandiera). Poi il capitano della
squadra Francesco Totti si inginocchia e depone un mazzo di fiori gialli e rossi ai piedi della
Curva Sud. Lo stadio è, naturalmente, in lacrime.
Pochi mesi dopo, la Roma vince lo scudetto. All’immensa festa della città impazzita
manca solo lui. Ma è come se ci fosse.
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