Page 21 - Genta a Roma
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PALMIRA CECCANI                                                  Reginetta di Roma
            (1894-1980)





                   1911:  cinquantenario  della  proclamazione  del  Regno  d’Italia.  Come  celebrare  in  modo
            adeguato  questo  "giubileo  laico"?  Con  una  Esposizione,  è  ovvio,  anzi  con  tre  che  uniscano  e
            ricordino a tutti le capitali d’Italia: Torino, Firenze, Roma. Giudiziosamente, alla laboriosa Torino
            vengono  assegnati  i  settori  dell’industria  e  della  tecnica,  a  Roma,  "faro  del  pensiero  italiano",

            l’arte e la cultura. Quanto a Firenze, che stava per essere lasciata fuori, si dovrà accontentare di
            una Mostra del ritratto italiano e di una Esposizione internazionale di floricoltura. Naturalmente
            è  Roma  a  fare  la  parte  del  leone  e,  pur  fra  mille  polemiche  (dei  socialisti,  che  con  ragione
            vedevano nell’evento l’autocelebrazione della borghesia, dei clericali, cui non andava giù di dover

            celebrare l’Unità d’Italia), si pensò subito in grande e, per la verità, si realizzò parecchio. Molto
            resterà  fino  a  oggi  (la  Galleria  d’Arte  Moderna,  i  villini  di  Prati,  il  Giardino  Zoologico….)
            moltissimo verrà subito distrutto (l’intero villaggio di cartapesta  –  capolavoro da Cinecittà ante
            litteram – sorto nell’ex piazza d’Armi per ospitarvi, tra statue di finto marmo e laghetti artificiali,
            la Mostra regionale ed etnografica). Ma, soprattutto, il cinquantenario fu l’occasione e lo stimolo
            per  gettare  nuovi  ponti  sul  Tevere,  aggiustare  strade,  sistemare  parchi,  restaurare  Castel  S.

            Angelo, diventato poco più che un rifugio per barboni, completare finalmente quella "fabbrica di
            S. Pietro" savoiarda che stava diventando il monumento a Vittorio Emanuele II.
                   Ebbe successo tutto questo sforzo? Non troppo se si bada più ai ricordi disincantati degli
            intellettuali  che  la  visitarono  (come  Emilio  Cecchi)  che  alla  prosa  encomiastica  dei  vari  Lucio
            d’Ambra. Perché non arrivarono le folle di visitatori sperate? Troppo calda l’estate? Troppo caro

            il biglietto? Non piaceva il presepe vivente dei gruppi etnografici? Non interessava la sfragistica?
            Preoccupava l’imminente entrata in guerra contro la Turchia? Pure la "nave romana completa di
            colonne rostrate e statue di marmi" incuriosiva parecchio (ma il suo salone capace di 800 coperti
            funzionava solo per i banchetti ufficiali), il Padiglione delle Feste conteneva un cinematografo da
            3ooo  posti  a  sedere  (ma  non  funzionava  quasi  mai),  scivolare  sul  toboggan  era  un’emozione

            nuova (ma poi non si trovava un posto dove bere qualcosa). Insomma mancava il divertimento.
                   Forse  l’unica  idea  vincente  l’ebbe  l’appena  costituito  Sindacato  Cronisti  Romani  che
            insieme col popolarissimo Rugantino propose (ed era la prima volta nel nostro paese) l’elezione di
            una  "reginetta",  insomma  della  "bella  di  Roma".  Iniziativa  azzeccata,  finalmente,  e  anche
            sapientemente orchestrata da quegli attivissimi giornalisti. In pochi giorni, in città non si parlava

            d’altro.  Predisposto  un  regolamento  (modello  per  tutti  i  futuri  concorsi  di  bellezza),  istituiti
            diciotto comitati di selezione (quanti i rioni della città, allora), gli esperti (artisti, professionisti,
            pittori  ecc.)  si  mettono  al  lavoro  per  scegliere  le  diciotto  "principesse"  fra  cui  emergerà  la
            "reginetta". Duro lavoro. Le ragazze, che devono essere romane, fra i sedici e i venticinque anni,
            illibate e accompagnate dai genitori, si presentano in 2600. Inevitabili i pasticci e i drammetti (ci
            fu anche un dramma vero, visto che una concorrente scartata si buttò dalla finestra). Inevitabili le

            polemiche, stavolta su tre fronti: la Chiesa (l’Osservatore Romano parla di pericolo e tentazione che


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