Page 17 - Genta a Roma
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voce, che gira nel bel mondo, di una memorabile ordinazione di 40 abiti in una sola volta da parte
            di Douglas Fairbanks senior gli apre definitivamente le porte di Hollywood, favorendolo molto

            più efficacemente di una banale reclame.
                   Gli americani, è risaputo, peccano di un complesso d’inferiorità nei riguardi degli europei
            da cui sono affascinati e di cui riconoscono lo stile, perciò "vestendo Caraceni" si sentono, anche
            loro,  un  po'  europei,  in  linea  con  gli  ambienti  internazionali  più  chic.  Quindi  l’elenco  dei  divi
            clienti  americani  è  lunghissimo:  solo  per  fare  qualche  nome  Clark  Gable,  Cary  Grant,  Gary
            Cooper  (portato  dalla  miliardaria  Dorothy  Dentice  di  Frasso  che  lo  voleva  ancora  più

            affascinante), King Vidor, Kirk Douglas. Ma anche al di fuori dei divi di Hollywood e degli Stati
            Uniti  i  più  illustri  nomi  della  mondanità  internazionale  si  servono,  o  meglio,  vogliono  essere
            serviti  da  Caraceni:  i  sovrani  (persino  Giorgio  V  d’Inghilterra  ed  EdoardoVIII,  poi  duca  di
            Windsor),  la  finanza  internazionale  (i  vari  baroni  di  Rothschild),  la  letteratura  (Cronin  e

            Steimbeck), i galanti protagonisti dell’alta società (Rubirosa e Pignatari).
                   Per l’Italia  l’affermazione  dei  sarti  Caraceni  nasce  quasi  subito, a  metà  degli  anni ’20, e
            riguarda  gli  ambienti  più  altolocati  della  vita  sociale:  casa  Savoia  (il  principe  Umberto),
            l’aristocrazia romana e italiana, la politica e i gruppi di potere industriali e finanziari. Lo stesso
            Benito  Mussolini,  per  partecipare  nel  1935  alla  Conferenza  di  Stresa,  dovrà  ricorrere  a  loro:
            Mussolini  non  è  davvero  uomo  elegante  e  farebbe  sicuramente  una  brutta  e  goffa  figura  a

            contatto  con  la  diplomazia  inglese  e  francese.  Il  Duce  si  rende  conto  della  comica  ineleganza
            nell'abbigliamento di gala: frac, bombetta, guanti bianchi, polsini, ghette. In una battuta riconosce
            che "ormai siamo in tre a vestirci così: io, Stanlio e Ollio". Il diplomatico Mario Pansa, figlio di
            diplomatico, sposato ad una inglese, figlio di una ricchissima americana e cliente, ovviamente, di
            Caraceni  è  incaricato  dal  ministero  degli  Esteri  di  "rivestire"  il  duce  suggerendogli  abiti  e

            comportamenti  idonei  alla  riunione.  Pansa  lo  porta  dal  "sarto"  (questa  volta  veramente  per
            eccellenza)  e  Mussolini,  con  i  suoi  vestiti  "tagliati  Caraceni",  farà  la  sua  figura,  almeno  da  un
            punto di vista formale.
                   Del  resto,  i  fascisti  eleganti,  i  gerarchi,  specialmente  quelli  della  vetrina  mondana,
            prediligono Caraceni. Si ricorda l’eleganza ambiziosa di Ciano, di Alfieri, di Anfuso; persino un

            eroe spericolato e rude come Ettore Muti, vuole una divisa "tagliata da Caraceni" che lo renda più
            epico e affascinante: è accontentato.
                   Il teatro e il cinema italiano va a vestirsi da Caraceni: De Sica, Cialente, Stoppa, Ricci che
            sono notoriamente i più eleganti.
                   Arriva  la  novità  dei  pantaloni  femminili  e  le  donne  accorrono  da  Caraceni:  non  tutte,

            certo, solo le grandi eccentriche che possono permettersi di indossare una cosa così insolita, così
            maschile  come  i  calzoni:  e  Caraceni  le  soddisfa:  Barbara  Hutton,  Wally  Simpson,  la  solita
            Dorothy Dentice di Frasso, l’attrice Vivi Gioi.
                   L’altra specialità Caraceni per signore è il tailleur: è l’abito, la divisa delle donne di potere.
            È proprio un loro tailleur, portato da una donna che di potere ne aveva avuto fin troppo, entrerà
            non  solo  nella  storia  della  moda  ma  nella  Storia.  Quello  che  Claretta  Petacci  indossava  al

            momento dell’uccisione. Dopo, a piazzale Loreto, la mano pietosa di un cappellano dei partigiani,


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