Page 13 - Genta a Roma
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PADRE CAPPELLO (Felice Cappello) Religioso piissimo e amatissimo
            (1879-1962)                                confessore




                                                 IN QUESTA CHIESA
                                         PRESSO IL SUO CONFESSIONALE
                                                  RIPOSA IN CRISTO
                                             P. FELICE M. CAPPELLO S.J.
                                              RELIGIOSO PIISSIMO ED
                                         ESEMPLARE ESIMIO PROFESSORE
                                      DI DIRITTO CANONICO ILLUMINATO
                                               DIRETTORE DI SPIRITO
                                            INSTANCABILE SERVITORE
                                                    DELLA CHIESA
                                                18/10/1979 - 25/3/1962

                   Questa lapide, posta nella chiesa di Sant’Ignazio a segnalare la tomba del sant’uomo le cui
            spoglie sono state traslate dal Verano nel 1985, si trova nella navata centrale, proprio di fronte

            all’ultimo  confessionale  a  sinistra,  dove  il  pio  sacerdote  ha  passato  la  vita  a  confessare  i  suoi
            fedeli e dove sono conservati e venerati  alcuni  suoi effetti personali:  il breviario,  la  soprana, la
            camicia,  il  colletto,  le  calze.  La  devozione  per  Padre  Cappello  è  ancora  vivissima.  Molti  ne
            auspicano la beatificazione e gli richiedono interventi miracolosi. Molti si soffermano a pregare.
            Molti lasciano suppliche.
                   Sopra la lapide, un dipinto anonimo ce lo raffigura con un sorriso arguto e benevolo nella

            sua fisionomia minuta, ascetica. Un fisico gracile il suo, un aspetto non floridissimo, una salute
            malferma.  Ma  una  grande  forza  di  carattere  che  gli  fa  sopportare,  minimizzandoli,  molti  mali.
            Anche in tarda età, quando questi si erano accentuati, non si risparmiava: usciva dal confessionale
            per  inginocchiarsi  a  pregare  lungamente.  Non  prendeva  mai  l’ascensore  e  faceva  chilometri  a

            piedi.  Era  nato  a  Falcade,  piccolo  paese  delle  Alpi  bellunesi,  penultimo  di  dieci  figli,  da  una
            famiglia semplice e devota. Di questi, solo lui e il fratello Luigi, ugualmente destinato a diventare
            prete,  potranno  studiare.  Entra  in  Seminario  e  prende  gli  ordini  nel  1902.  Inizia  la  sua  vita
            sacerdotale di instancabile apostolato, il che non gli impedisce però di approfondire i suoi studi.
            Conosce  a  memoria  l’Eneide,  La  Divina  Commedia  e  gran  parte  della  Theologia  moralis  di
            Sant’Alfonso. Si laurea in teologia, in filosofia, in utroque iure. Specializzato in diritto canonico, di

            cui assume la cattedra a Belluno, non gli sono alieni  altri aspetti della dottrina cattolica: diritto
            ecclesiastico, teologia morale, liturgia. Insegna persino diritto orientale. Inizia a pubblicare varie
            opere, alcune delle quali vengono apprezzate, altre destano sospetti e recensioni non favorevoli.
            A Roma si accosta all’ambiente de La Civiltà cattolica e diviene estimatore ed amico di P. Enrico

            Rosa  S.J.,  eminente  personalità  nell’ambiente  ecclesiastico.  Era,  quello,  un  periodo  fervido  di
            dibattito  culturale,  di  sospetti  e  di  intrighi  intorno  alla  questione  del  non  expedit  e  agitato  dal
            fantasma del modernismo. Forse influenzato da P. Rosa, forse a seguito di un viaggio a Lourdes
            (una  precisa  richiesta  della  Madonna?)  decide  di  entrare  nell’ordine  dei  Gesuiti,  scegliendo
            quest’ordine perché risultava essere il più perseguitato nella storia. Ha trentaquattro anni e – da
            adulto  –  si  sottopone  ad  un  anno  di  durissimo  noviziato.  Pare che  all’inizio  i  Gesuiti  avessero

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