Page 11 - Genta a Roma
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I CAMERIERI DELLA SALETTA DI ARAGNO Servizievoli amici
Malatesta, Quirino, Forina e Guerino. Non sono le parole di uno scioglilingua ma i nomi,
veri, dei camerieri che si avvicendarono nella saletta di Aragno.
Il caffè Aragno, forse il più importante della Terza Roma, è ricordato nella copiosa
memorialistica che lo riguarda soprattutto come luogo d’incontro di artisti e letterati, politici e
giornalisti. Si trovava a Palazzo Marignoli sul Corso, in una posizione centrale tra le sedi
istituzionali e le redazioni dei giornali; le notizie, buone e cattive, vi circolavano immediatamente,
venivano commentate, suscitavano reazioni ed emozioni. La Pasticceria dell’Aragno, pur essendo
parte integrante del locale, faceva un po' a sé. Affacciata sul Corso, arredata con imponenti
boiseries, offriva dolci giustamente famosi ma anche un servizio completo di buvette. Aveva orari
ben regolamentati, da negozio, contrariamente al caffè vero e proprio che restava aperto sino a
notte inoltrata, secondo i desideri e le esigenze dei clienti che i camerieri erano ben lieti di
assecondare visto che i loro introiti erano costituiti soltanto dalle mance (addirittura erano i
camerieri stessi a pagare, al direttore di sala, le "piazze" più vantaggiose).
Anche prima che Aragno aprisse un vero e proprio ristorante, nel locale si servivano
colazioni e spuntini che potevano costituire, specialmente per giornalisti e politici, un rapido
pasto. Latte e uova si consumavano certo maggiormente di oggi: sono entrati ormai
nell’anedottica il cappuccino del poeta povero e la mezza bottiglia di latte che sostituiva il vino
nel famoso "angolo dei gottosi" come venivano chiamati i clienti costretti a un regime dietetico.
C’erano anche uova illustri, come quelle, à la coque, che ogni mattina il cameriere Malatesta serviva
solennemente all’onorevole Facta su di un vassoio d’argento impreziosito da candelabri. Era
sempre Malatesta a portare al marchese di San Giuliano, ministro degli Esteri, altre uova (al
prosciutto, questa volta): una piccola cerimonia, questa, che si svolgeva tra l’invidia ammirata dei
giornalisti tenuti a distanza ma ad orecchie tese per captare qualcosa della conversazione tra
l’uomo politico e l’ignaro cameriere
Quando Bartoli dipinse Amici al caffè (con cui vinse un premio alla Biennale di Venezia del
1930), l’epoca mitica della "Terza saletta" di Aragno si era già chiusa. Tuttavia, e lo testimonia
proprio questo quadro, il caffè continuava ad essere il punto di ritrovo dell’intellighenzia romana.
Qui riuniti si riconoscono, da sinistra a destra: Emilio Cecchi, Vincenzo Cardarelli, Carlo
Socrate, Ardengo Soffici, Antonio Baldini, Pasqualina Spadini (vedova del pittore), Giuseppe
Ungaretti, Mario Broglio, Armando Ferri, Quirino Ruggeri, Roberto Longhi, Riccardo
Francalancia, Amerigo Bartoli, Aurelio Saffi, Bruno Barilli. Al centro, in piedi, proprio il
cameriere Malatesta che in marsina, nell’atto di servire, stacca e coordina i due gruppi raffigurati
nella tela, prova concreta della familiarità che lo legava agli amici che quotidianamente si
riunivano al caffè Aragno.
La clientela della Terza saletta era composta prevalentemente, come si vede, da
intellettuali ma anche da giornalisti, politici e gente di teatro; non mancavano poi i soliti poeti
speranzosi di pubblicare le loro opere e gli agitati futuristi che redigevano lì i loro manifesti.
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