Page 62 - Genta a Roma
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FRANCESCO RIPANDELLI                               Il "delegato mio" del Fattaccio
            (1863-1950)




                                         Sor delegato mio nun so' un bojaccia!
                                         Fateme scioje…. v’aricconto tutto….
                                         Quann’ho finito, poi, m’arilegate
                                         ma adesso, pe' piacere…. nun me date st’umijazione
                                         doppo tanto strazio.

                                         (con impeto riconoscente)

                                         V’aringrazio!!


                                         (pausa lunga)

                                         Quello che ha pubblicato er "Messaggero"
                                         sopra er fattaccio a vicolo der Moro,
                                         sor delegato mio…. è tutto vero!




                   Comincia così l’accorata confessione che Nino, giovane operaio meccanico, fa al delegato
            di Pubblica Sicurezza nel monologo drammatico Er fattaccio, la celebre sceneggiata, molto nota e
            conosciuta anche fuori Roma. La compone nel 1919 Americo Giuliani (1889-1922), scrivano di
            un banco del lotto, che a contatto con l’autentico popolo di Trastevere, sa tutto di tutti al punto
            che nel personaggio del delegato si riconosce la persona che per tanti anni ha realmente ricoperto

            il ruolo di delegato di Pubblica Sicurezza del rione.
                   Nel corso del monologo Nino, il fratricida per amor materno, si rivolge al poliziotto con
            un  atteggiamento  rispettoso  e  fiducioso  insieme  che  riproduce  probabilmente  il  veritiero
            rapporto che per tanti anni si è stabilito tra la mala trasteverina e il rappresentante della Legge.
                   Francesco Ripandelli, naturalmente, è nato nel Sud, a S. Angelo dei Lombardi in provincia

            di Avellino e arriva a Roma come giovane funzionario del Ministero degli Interni. Nel 1888 viene
            destinato,  poveraccio,  ad  esercitare  le  funzioni  di  delegato  di  P.S.  a  Trastevere.  Il  rione  è  dei
            peggiori, pieno  di  bulli: ci  sono quelli di  scena,  pittoreschi  e  innocui,  ma ci  sono anche  quegli
            altri,  sempre  pittoreschi,  ma  cattivi  e  malavitosi;  ci  sono  ladri  e  ricettatori,  tanti  "sorvegliati
            speciali",  un’infinità  di  pregiudicati,  vari  ostinati  ed  irrequieti  politici,  repubblicani  anarchici  e
            socialisti, ben poco graditi all’Autorità.

                   Al  suo  arrivo,  Ripandelli  ha  una  curiosa  barbetta  che  gli  procura  subito  due  calzanti
            soprannomi:”Barba  de  capra"  e  "Cristo  servaggio";  non  lo  trovano  però  antipatico,  ma
            sopportabile e in qualche maniera diverso dagli altri questurini. Prende casa a via Luciano Manara
            dove resterà fino alla morte. Mette su famiglia, moglie, tre figli che vanno nelle scuole pubbliche:

            tutti  quanti  vivono  la  vita  del  rione.  Uno  dei  tre,  Alberto,  il  più  piccolo,  farà  una  bellissima
            carriera  nella  polizia  fino  a  raggiungere  i  vertici  nazionali  della  Pubblica  Sicurezza  e,  memore
            dell’infanzia trasteverina, comporrà alcune poesie in romanesco: è il frutto dell’amore che il padre
            ha per Roma e per il suo Trastevere.

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