Page 63 - Genta a Roma
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Il delegato Ripandelli cerca subito di inserirsi nello spirito e nei costumi locali, si sforza
            anche  di  parlare  in  dialetto:  non  ci  riuscirà  e  si  esprimerà,  sempre,  in  uno  strano  e  spassoso

            romanesco  spurio,  pieno  zeppo  di  inflessioni  meridionali  da  barzelletta  sui  poliziotti.  Tutti
            lasciano correre gli errori e gli strafalcioni, anzi apprezzano bonariamente la sua cocciutaggine Ma
            il  fatto  che  più  positivamente  gli  viene  riconosciuto  è  quello  di  girare  anche  per  le  strade
            pericolose,  da  solo  e  assolutamente  disarmato.  In  testa  la  bombetta  sulle  ventitré,  un  nodoso
            bastone (non si sa mai) e basta. Ma ha di suo tanta benigna autorevolezza autorevole benignità e
            una  tale  cortese  energia  che  riesce  a  superare  molti  momenti  difficili.  Diventa  amico  di  tutti,

            senza mai usare violenza né cattiveria. Questo metodo, che diventerà vincente, è usato verso una
            popolazione  che  con  la  polizia  aveva  sempre  avuto  un’incolmabile  contrasto  e  una  storica
            sfiducia.  Compie  comunque  il  suo  dovere,  ora  con  modo  severo,  ora  semplicemente  sereno,  a
            seconda dei casi, sforzandosi sempre di aiutare il malvivente invitandolo a sottostare alla Legge.

            Di più, con le sole parole e ragionamenti, cerca sempre di persuadere i "birbi" a non commettere
            atti delinquenziali. Alla fine tutta Trastevere lo stima e la mala lo rispetta. È uno sceriffo buono,
            disarmato, un poliziotto anomalo e raro. Lo chiamano ora, affettuosamente, "er cavajere".
                   In trent’anni di vita trasteverina Ripandelli, da delegato, diventa commissario di P.S. con
            la  sede  a  vicolo  Moroni,  dietro  ponte  Sisto.  Molti  lo  vanno  a  trovare,  chiedono  un  posto  di
            lavoro fisso per redimersi. Diventa un’istituzione. Nonostante la voce che alcuni ex malavitosi, in

            cambio del posto ottenuto, facciano il "pifero", il "trommetta", ovvero la spia, la considerazione
            che Ripandelli si è ormai conquistata non viene intaccata.
                   È ritenuto un "omo giusto" e negli anni trasteverini la sorte lo fa incontrare con il "buon
            giudice"  cioè  Raffaele  Majetti,  un  magistrato  che  istituisce  le  "Case  aperte"  per  l’infanzia
            abbandonata,  per  toglierla  dai  pericoli  della  precoce  criminalità.  Una  di  queste  viene  insediata

            anche a Trastevere, in piazza Italia (oggi piazza Sonnino): è la "Casa di Pinocchio" con l’annesso
            laboratorio  di  giocattoli.  La  massima  pedagogica  di  Majetti  sull’auto-controllo  dei  minorenni  è
            concentrata  sul  motto:”Salviamo  il  fanciullo  e  non  vi  saranno  più  uomini  da  correggere".
            Ripandelli e Majetti stringono amicizia anche favoriti da un comune sentimento di intenti.
                   Anche nella sua abitazione di via Manara il popolo di Trastevere va a chiedere consiglio,

            lavoro  e  carità.  Il  cavalier  Ripandelli,  ormai  in  pensione  dal  1925  con  la  carica  di  Ispettore
            Generale  della  P.S.,  concede  generosamente  suggerimenti  ed  aiuti  a  delinquenti  incalliti  ed  a
            vecchi pregiudicati. Scrive anche una serie di articoli di ricordi che vengono pubblicati a puntate
            su Il Piccolo di Roma con il titolo Memorie del delegato di Trastevere.
                   Muore vecchissimo, a 87 anni, nel febbraio del 1950. Il giorno del funerale tutti i negozi

            che sono sulle strade percorse dal trasporto funebre, in segno di lutto, abbassano le serrande. La
            popolazione di Trastevere rende, commossa, l’onore delle armi al suo delegato.













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