Page 10 - AFA - Antologia sull'insopportabile caldo romano
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nell’estate; tutto quel che è isolato, dentro o fuori le mura, non è sano; ma in genere le
ville suburbane sono più pericolose di quelle più vicine alle strade.
(Silvio Negro, Seconda Roma 1850-1870, Editore Ulrico Hoepli,
Milano, 1943).
Avendo sentito parlare della torrida estate romana (“I cani ululano raminghi per le
strade“) Nikolaj V. Gogol’ nel giugno del 1837 partì per le stazioni di cura tedesche
e austriache per sottoporsi ai bagni e bere le fredde acque termali.
(Aleksej Kara-Murza, Roma Russa, Introduzione e due saggi di Rita
Giuliani, Teti Editore, Roma, 2005).
A partire dalla metà di giugno circa, fino alla fine del mese di settembre, la città
eterna è quasi deserta, e il vecchio pregiudizio romano, secondo cui le febbri e la
malaria infuriano con violenza nel mese di agosto, disperde nelle ville di Albano, di
Castelgandolfo e di Frascati, e ai bagni di mare, i romani, il Papa,il sacro collegio e i
diplomatici. Questo mese d’agosto infatti è il più duro da sopportare. Il romano,
essenzialmente pigro e prudente, ne profitta per prendere, fin dall’apparire del caldo, in
maggio, le precauzioni igieniche più minuziose. La prima è diventata una regola
assoluta,,un’abitudine, un’usanza sacra che nessun buon romano violerebbe, neppure
per un impero: è l’uso benefico della siesta, il sonno riparatore della giornata da
mezzogiorno fino alle tre. Durante queste ore benedette non vedrete un negozio aperto,
dal Corso fino a Trastevere; le chiese, i conventi sono religiosamente chiusi, la vecchia
città si è trasformata nel castello della Bella addormentata e questo modo di dire
romano resterà vero per molto tempo: “In luglio e in agosto i soli esseri viventi che
s’incontrano nella piazza di Spagna non possono essere che dei francesi o dei cani.”
….Ogni forma di vita politica o commerciale è interrotta, sospesa. Gli uffici sono tutti
chiusi; impossibile incontrare un medico, un banchiere, un notaio; le carrozze non
circolano più nelle strade; gli animali si fermano da soli, i cavalli e i buoi fanno
religiosamente la siesta. Solo un immenso russare non privo di armonia, prova che la
città esiste e non è morta. Ma alletre si sveglia vispa e riposata.
(Henry d’Ideville, Diario diplomatico romano, 18662-1866, a cura di Guido
Artom, Longanesi, Milano, 1979).
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