Page 7 - AFA - Antologia sull'insopportabile caldo romano
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dignitario pontificio, registra con minuziosa attenzione le varianti meteorologiche di

                           Roma con tutti i mezzi, anche con quelli più empirici: raccontano che passeggiando si
                           fermava spesso davanti alla fontana di piazza del Popolo e  immergeva in una delle

                           vasche la punta del bastone che poi levava in alto. Osservando la parte del legno che si
                           asciugava per prima egli stabiliva la direzione del vento.

                           (Cesare Fraschetti, Diario del Principe Don Agostino Chigi dal 1830 al 1855
                           preceduto da un saggio di curiosità storiche intorno la vita e la società romana del

                           primo trentennio del secolo XIX, Tolentino, 1906).



                           Figurarsi,  quindi  con  quanta  esatta  pignoleria  egli  noti  e  amaramente
                           commenti gli alti gradi di calore che gravano sulla città:

                           venerdì 26 giugno 1801- Fa da ieri in qua un grandissimo caldo.

                           mercoledì 1 luglio 1801- Caldo grandissimo.
                           (Agostino Chigi, Diario romano – Memorabilia privata et publica – a cura di

                           Alessandra Briganti, Vallecchi editore, Firenze, 1989).



                           Nei diari di Agostino Chigi, usciti in vari anni e in diverse edizioni, ci si
                           accorge come il Principe abbia quasi sempre una certa preoccupazione e

                           una sottolineata paura per il dilagare del colera, tanto strettamente legato
                           alle calure romane dove luttuosamente  prospera pure per le primitive e

                           miserevoli condizioni igieniche della città. E’ quasi un presentimento. La
                           moglie,  Amalia Carlotta Barberini madre  di  dieci figli,  muore  di  colera

                           nell’epidemia  del  1837;  anche  lui,  l’aristocratico  gentiluomo,  qualche
                           anno dopo, perisce nel 1855, colpito probabilmente dallo stesso morbo.

                           Quindi il violento caldo estivo genera inoltre epidemie e morte.



                           In città, nonostante la canicola, seguendo il forte sentimento di un’antica

                           religiosità,  si  prega:  un’infinità  di  funzioni,  processioni,  tridui,  incenso,
                           salmodie.



                           Nota l’aristocratico estensore:

                           martedì 26 luglio 1831- Oggi è cominciato un triduo nella chiesa dell’Anima con
                           indulgenza per implorare la cessazione del flagello del cholera, che ha penetrato in

                           qualche parte degli Stati dell’Imperatore.




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