Page 6 - Roma l'altro ieri - Piccola agenda di vita quotidiana: gli appuntamenti
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giorno di scuola. Anche quelli più chiaramente bastardi, e sono tanti, sembrano essere di gran razza. I
padroni dei cani poveri hanno la stessa faccia orgogliosa dei padroni dei cani ricchi, entrambi
accomunati nella benedizione che verrà ugualmente impartita alle loro rispettive bestie. Belli o brutti
questi animali hanno oggi tutti quanti la dignità di essere ugualmente benedetti. Arriva gente di ogni
genere. Molti ragazzini questa mattina non sono andati a scuola: hanno preferito accompagnare le loro
bestiole a farsi benedire e, in anticipo, già da adesso, pregustano divertiti la reazione che queste
faranno al prete al momento dello spruzzo dell'acqua benedetta. Molte vecchie con le gabbiette dei
canarini, spennacchiati e impauriti dalla confusione, vanno a piazzarsi in prima fila quasi sulla porta
esterna della chiesa, da dove uscirà il prete, per essere sicure che i loro adorati uccellini siano i primi ad
essere benedetti. Con le vecchiette e i loro canarini si è creato un clima simile a quello che avviene sugli
affollatissimi mezzi pubblici quando si sentono quelle frasi, acide e polemiche, che preludono ad aperti
battibecchi: " Non c'è bisogno di spingere ! " o ad esplicite lagnanze " Ma guarda un po' dove siamo
arrivati ! È questa la maniera ? ! ". In effetti quasi tutti si sono affollati davanti alla porta della chiesa e la
delusione è generale quando il prete con il suo aspersorio elargisce solamente una sbrigativa e generica
benedizione. Uomini e bestie gli si sono accalcati intorno ed egli non riesce più neanche a muoversi.
Inutili le richieste di benedizioni particolari ai singoli animali. Il poveruomo, pur col sorriso di maniera
che la curiosa distribuzione di sacri voti agli animali gli impone, è visibilmente seccato da tanta
confusione e non vede l'ora che il tradizionale rito abbia termine al più presto.
Alla cerimonia ci sono pochissimi cavalli: sostano solo un paio di carrozzelle con degli annoiati
e trasandati vetturini; due carabinieri e due poliziotti con i loro cavalli stanno un po' da parte,
incuriositi dal fatto di trovarsi lì in questa strana funzione. Sono stati inviati dai rispettivi comandi non
per il servizio d'ordine né tanto meno per essere benedetti ma solo per motivo di rappresentanza. E
pensare che a Roma nei secoli passati erano proprio i cavalli i veri protagonisti della benedizione degli
animali. I quadrupedi surrogavano i moderni mezzi di trasporto: i cavalli delle carrozze, dei nobili e dei
borghesi, sostituivano le automobili; i muli, i buoi e i somari rimpiazzavano viceversa i camion per
caricare il materiale pesante. La cerimonia si svolgeva con grande sfarzo nella vicina chiesa di Sant'
Antonio Abate, il vero protettore degli animali, poi per ragioni di traffico fu spostata qui a Sant'
Eusebio.
L'avvenimento mandava in visibilio i romani e gli stranieri a Roma: ci sono testimonianze e
descrizioni di Goethe e di Andersen, pitture di Pinelli, litografie di Thomas, quadri di Mastrand.
Per l'attuale formato ridotto della fastosa benedizione degli animali l'icona più propria e
senz'altro più commovente è quella del cagnolino Flik accompagnato dal suo disperato padrone, il
pensionato professore Umberto Domenico Ferrari, il protagonista i Umberto D. di Vittorio De Sica.
APPUNTAMENTI DI PRECISIONE
Piazzale del Gianicolo
Generalmente al Gianicolo ci si và di domenica, con i figli e i nipoti. Giorno di riposo per tutti:
ci si è alzati più tardi del solito e non ci sono orari impellenti da rispettare e viene anche poi posto in
primo luogo la possibilità di prendere un po' d'aria buona, meno mefitica di quella trangugiata in città
per tutta la settimana. È opportuno - viene raccomandato - arrivarci un'oretta prima dello sparo del
cannone che rumorosamente decreta l'esatto mezzogiorno. Ci sono un sacco di cose da fare e da
vedere. Infatti al Gianicolo, appena arrivati nel vasto piazzale che dà su Roma, si è presi da un
subitaneo primo momento di vero entusiasmo: sembra che veramente ci siano cose nuove da fare e da
vedere. Ma si tratta di una breve illusione perché poco dopo ci si accorge di essere entrati, ancora una
volta, nel solito inevitabile rituale gianicolense, che nel tempo è diventato una vera e propria forca
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