Page 7 - Roma l'altro ieri - Piccola agenda di vita quotidiana: gli appuntamenti
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caudina domenicale romana. Con falso interesse ma spinti da una strano obbligo didattico - familiare si
và incontro a quelli che ormai sono gli insopprimibili gironi obbligati dell' "ottavo colle ". Non se ne
può fare a meno. E allora ecco quello risorgimentale con i monumenti e i busti dedicati alla famiglia
Garibaldi: Giuseppe e Anita, tutti e due a cavallo, poi i volti dei figli Menotti, Ricciotti, Bruno e
Costante; le erme, molto mutilate, degli eroi della Repubblica Romana (pochi romani, molti forestieri,
parecchi stranieri dagli astrusi nomi polacchi pieni di w, di h, di y, di z ) quasi tutti con le facce molto
rassomiglianti e con i differenti copricapo d'epoca. Segue, a questo punto, il girone dello spettacolo, con
il casotto dei burattini ( Voci metalliche e querule, Pulcinella, Ohi vita, ohi vita mia…, la morte, il diavolo,
la fidanzata Gabriella, il carabiniere coi baffi ); al termine della rappresentazione cala dal boccascena un
secchiello e i ragazzini, emozionati, ci mettono qualche spiccio per i burattinai. Poi il girone edule,
presso il locale chiosco, per le merende, le bevande e gli sfizi dei figli e dei nipoti ( cornetti, patatine
fritte, coca-cola, noccioline ), cui segue il prevedibile girone aerostatico con l'acquisto di numerosi
palloncini dagli sbiaditi colori, venduti a caro prezzo da alcuni ambulanti finti-gentili dal volto poco
raccomandabile: ( a questo punto, dopo l'acquisto, è buona norma quella di legare, appena possibile, il
leggero involucro di gas ai polsi dei piccoli. Tragedia grande, pianti e lacrime se il palloncino, senza
allacciatura, dovesse prendere il volo e se ne andasse in su verso il cielo di Roma, per conto suo,
seguendo le correnti d'aria. Difficile seguirlo con la vista, scoppierà chissà dove. ) Altro girone
inderogabile è quello ludico. I bambini, già al momento dell'arrivo, hanno adocchiato le giostre, le
automobiline e i pony da cavalcare in una zona diventata un Luna Park per l'infanzia. Pregano, anzi,
scongiurano di fare un po' di giri. Non si può non accontentarli. Gli inservienti della piccola giostra
paiono dei pagliacci struccati ora al lavoro per altre incombenze in un circo minimo. Gli stallieri dei
pony hanno le sembianze contadinesche di pastorelli abruzzesi inurbati a Roma. Ma il tempo, se Dio
vuole, sta passando e, sbirciando gli orologi, si sta fortunatamente avvicinando l'atteso mezzogiorno e il
mitico sparo. Con una qualche nuova rapidità si arriva al muretto del piazzale con la vista della città.
Qui ha luogo il girone nozionistico del panorama di Roma. A così tanta distanza c'è la gara a chi
indovina dove esattamente sia nostra casa, chi localizzi la cupola del Gesù, Villa Medici, il Gazometro,
San Giovanni in Laterano. Perenne stupore genera sempre a tutti come sia tortuoso il corso del Tevere.
Una piccola folla si assiepa lungo il muretto del piazzale per assistere allo sparo del cannone.
Quasi tutti controllano gli orologi, sanno che fra poco sarà mezzogiorno e, alla detonazione, saranno
pronti a regolare con estrema precisione l'ora esatta. Tre soldati dell'ottavo reparto Rifornimenti della
Regione Militare Centrale tirano fuori il pezzo da un grottino sottostante la parte centrale del belvedere.
Un tempo il " botto " veniva sparato da un vecchio obice, cimelio di guerra preso all'esercito austro-
ungarico durante il primo conflitto mondiale; poi negli anni fu sostituito da un piccolo cannone più
moderno, di quelli con lo scudo e le gomme, residuato dell'ultima guerra Per tutti i giorni della
settimana questa sopravvissuta arma da fuoco " spara mezzogiorno ", a salve, con un grosso cartoccio-
bossolo caricato con un chilo di polvere nera. Era una vecchia tradizione cittadina quella di annunciare
con lo " sparo " il segnale dell'ora ufficiale di Roma cui seguiva il più angelico e armonioso suono di
tutte le campane delle chiese. Molti a Roma ricordano ancora il vecchio cannone che dal verde del
Gianicolo sincronizzava il mezzogiorno con " la palla di S. Ignazio ". Cinque minuti prima delle dodici
una grossa palla saliva sul campanile della chiesa e rimaneva là, sospesa in attesa. A Largo Sciarra e a via
del Caravita i romani si fermavano col naso in aria a guardare la palla, e dal Gianicolo, con un
cannocchiale la fissavano attentamente gli addetti alla manovra del segnale di mezzodì. All'improvviso,
al comando della vicina specola del Collegio Romano, la palla piombava in basso e, all'istante, il
cannone tuonava fragoroso sul Gianicolo.
Dal 1847 al 20 settembre 1870 lo " sparo " avveniva da Castel Sant'Angelo. Poi riprese nel
1903 da Monte Mario, per passare al Gianicolo dal 1904 al 1940 quando cessò a causa della guerra.
C'erano altre cannonate, quelle vere. Nel dopoguerra il mezzogiorno veniva annunciato per mezzo delle
sirene, triste e angoscioso ricordo del segnale d'allarme aereo. La grotta era diventata l'arrangiata casa di
una famiglia di sfollati che asciugavano i panni proprio sul cannone ormai inutilizzato. Nel 1959 l'attore
Mario Riva, nel corso del programma televisivo Il Musichiere ( canzone-sigla di chiusura Domenica è sempre
domenica ), richiese la ripresa del tradizionale sparo di mezzogiorno e la petizione venne
entusiasticamente accolta.
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