Page 19 - Il mito popolare di Cola Di Rienzo
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diletto scrive canzoni popolari e pubblica poesie su piccoli periodici dialettali. Compone
quindici sonetti che raccoglie poi in un fascicolo dal titolo Cola di Rienzo, stampato a Roma
nel 1914 dalla Casa Editrice M. Carra e C. di Luigi Bellini. E', in pratica, tutta la vita del
tribuno, dal primo sonetto intitolato Chi era Cola all'ultimo, La ribbejone, dove ne viene
descritta la movimentata uccisione in Campidoglio. Tutto il tono del breve poema è quello
comico-satirico e, sullo sfondo della narrazione dell'argomento guida (ovvero la storia di
Cola di Rienzo), c'è una continua intromissione di avvenimenti contemporanei all'autore che
riguardano fatti emergenti della vita quotidiana della Roma dei primi anni del Novecento. Vi
leggo, per chiarire, Cola dar papa:
Lui, defatti, se veste e de cariera,
va su ar palazzo; appena se presenta,
avanti ar Santo Padre j 'arimmenta,
quer che j 'aveva detto quela sera.
Deppiù, je butta giù 'na tiritera,
sur Brocco popolare, poi t'inventa,
'no sciopro generale che fermenta,
sempre pe' la Questione spedaliera.
E je mischiò qualunque sia notizzia:
dar Tango ar Testamento de Rampolla,
e l'imbroj ar Palazzo de Giustizzia.
La Moda, er Parsifàlle, er Tassametro...
tanto che doppo un pò de tira e molla,
te lo convinse a ritornà a San Pietro.
E' chiaro che ci si riferisce al blocco politico popolare condotto da Ernesto Nathan, ai
sempre più frequenti scioperi generali legati all'annosa crisi ospedaliera-sani-taria, al grande
successo dello scandaloso tango ed al conseguente clamoroso intervento da parte di Pio X,
alla controversia testamentaria nella quale rimane coinvolto il segretario di Stato il cardinale
Rampolla del Tindaro a seguito del lascito di una nobildonna francese a favore di Leone
XIII, ai noti impicci e scandali per la lenta costruzione del Palazzo di Giustizia, alla moda
femminile che cambia e impazza, alle polemiche sulle innovatrici musiche di Wagner e, per
finire, al nuovo strumento messo sulle botticelle e sui primi taxi, il tassametro, che qui come
tassamètro, può rimare felicemente con San Pietro. Nel corso del poemetto i sonetti
seguono le vicende di Cola sia nella buona sorte, Cola viè nominato tribbuno:
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