Page 14 - Il mito popolare di Cola Di Rienzo
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storica. La presenza iconografica di Cola di Rienzo prende corpo verso la metà
dell'Ottocento in funzione di sostegno verso il patriottismo risorgimentale italiano e, dato il
personaggio di opposizione al potere temporale della Chiesa. Mi pare giusto ricordare la più
famosa di queste opere, quella di Federico Faruffini dipinta a Pavia nel 1855 dal titolo Cola di
Rienzi che dalle alture di Roma ne contempla le ruine. Il quadro (cm. 156 x 122) è
ricomparso solo nel 1987 ad un'asta della Finarte di Milano è considerato dalla storia dell'arte
pittorica di grande interesse. Del soggetto di cui si conservano due bozzetti (uno dei quali è
una riproduzione fotografica del dipinto con una dedica autografa dell'autore ad Enrico
Cairoli) che con l'aggiunta di alcuni versi di Petrarca inneggianti all'Italia stabilisce così il
legame patriottico che univa Faruffini agli eroici fratelli.
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A questo proposito Anna Finocchi, che ha dedicato a Faruffini un esauriente studio ,
osserva: "...la sua posizione nelle prime linee della ricerca di un realismo innovatore nel
quadro di storia, sostenuta da un lato dall'esempio della pittura libera e antiaccademica del
Piccio e dall'altro dalle proposte di naturalezza anticonvenzionale di Domenico Morelli che
gli permette di dare un'interpretazione tra le più suggestive del tempo dell’eroe romantico,
fiero, determinato, solitario." Anche in questa pittura, interessante, non c'è traccia però delle
reali sembianze di Cola. Anzi Faruffini, volendo dar seguito alle linee anticonvenzionali della
sua pittura, pare che abbia dato al volto di Cola di Rienzo le fattezze di Domenico Morelli
suo grande maestro ed amico. C'è anche da ricordare che a metà Ottocento anche Carlo
Felice Biscarra (1823-1894) dedicò un quadro a Cola di Rienzo acquistato da Vittorio
Emanuele II, e Nino Costa (1826-1893) ne progettò un altro, mai realizzato.
Un medaglione riproduce il volto di Cola in divisa tribunizia, con barbetta, ed appare
in un affresco nel Palazzo Pubblico di Siena. Alla base dell'opera, dipinta dal senese Cesare
Maccari alla fine dell'Ottocento, è riprodotta una scritta in latino tratta dal decreto
dell'agosto 1347 con il quale, al massimo del suo successo, il tribuno concedeva la
cittadinanza romana a tutta l'Italia.
Poi l'immagine di Cola è continuata ad apparire ma, col passare degli anni, la linea
retorica iniziale si è trasformata stilizzandosi in un indirizzo altrettanto retorico ma più
conciso, neomedioevale, diciamo tra Sartorio e Cambellotti. Il nuovo stile è stato utilizzato
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Anna Finocchi, Federico Faruffini, un pittore tra
Romanticismo e Realismo, Sesto San Giovanni, Cassa Rurale ed
Artigiana, 1989, pag. 37.
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