Page 11 - Il mito popolare di Cola Di Rienzo
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Vittorio  Clemente,  studioso  di  tradizioni  popolari,  si  è  interessato  invece  delle

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                   memorie, profonde, lasciate da Cola di Rienzo in Abruzzo . Sappiamo che il tribuno, dopo la
                   sua fuga da Roma, andò vagabondo per i monti, accolto e protetto dagli eremiti celestiniani

                   nei  conventi  e  nei romitori della Maiella e  del Morrone.  Dice  la  Cronica con  quel  vivace

                   romanesco medioevale, che tanto ci piace: "...per paura delli potenti e per longo tiempo ijo

                   come fraticielle lacemme per le montagne de Maielle con romiti et perzone de penitenza."

                   Spiega Clemente  nel  suo  saggio:  "La figura del fuggiasco che si aggirava solitario per quei

                   luoghi impervi, non poteva non colpire la fantasia popolare, la quale vi lavorò attorno fino a

                   farne  una  sorta  di  "genius  loci",  un  mago,  trasformandolo in un  personaggio  proprio  del
                   luogo." Ecco, quindi, qualche credenza locale: "A Campo di Giove, un paese montano poco

                   lungi da Sulmona, tra il Morrone e la Maiella, un colle è tuttora chiamato Colle di Rienzi e la

                   tradizione  vuole  che  per  di  lì  il  tribuno  si  aggirasse  solitario;  e  la  località  alpestre  di

                   Selvaromana, nel comune di Pennapiedimonte (Chieti), si ricorda come il luogo dei segreti

                   incontri  di  Cola con  un  pecoraio che  veniva da Roma." Poi  ancora:  "A Pietra Camela, la

                   tradizione vanta addirittura di aver dato i natali al tribuno romano e, a comprova, si addita il

                   luogo dove fu la casa di Cola, al quale poi si fanno anche risalire le origini di casati e di nomi
                   propri  assai  diffusi  come  i  Di  Cola,  i  Di  Rienzo,  Cola,  Rienzo;  e  si  racconta  pure  che  il

                   cardatore di lana Rienzo, seguendo una consuetudine del paese, condusse il giovinetto Cola,

                   proprio figlio, a Roma dove lo pose a servizio di sguattero presso un oste." D'altronde anche

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                   Gregorovius  racconta che durante l'esilio di Cola dall'Urbe si diceva che "il grande tribuno
                   faceva penitenza negli Abruzzi come eremita, o che era andato al di là del mare, pellegrino, al

                   Sepolcro  del  Redentore.  Altri  asserivano  con  aria  di  mistero  di  averlo  visto,  travestito,

                   aggirarsi in città."

                         E  la  casa  di  Cola  di  Rienzo,  leggenda  metropolitana  tutt'ora  in  corso?  La  "casa"  è

                   quella  che  vediamo  ancor  oggi  sulla  via  Petroselli  al  termine  del  moderno  palazzo
                   dell'Anagrafe  verso  il  Tempio  della  Fortuna  Virile.  E'  una  bella  costruzione  antica

                   romana-medioevale, forse la base di una torre di avvistamento sul Tevere. Un edificio così




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                         Vittorio Clemente, Leggende abruzzesi su Cola di Rienzo, in
                   Strenna  dei  Romanisti,  Roma,  Staderini  editori,  vol.  XXXII,
                   (1971), pag. 89.
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                          Ferdinand  Gregorovius,  Storia  della  città  di  Roma  nel
                   medioevo, Torino, Einaudi, 1973, vol. II (XI­VII­1), pag. 1629.
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