Page 45 - Genta a Roma
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GAETANO GIACOMINI  Vincitore della prima Lotteria di Tripoli





                   Sei milioni, questa la vincita della prima Lotteria di Tripoli, organizzata dal Governatore
            Italo Balbo nel 1935 e vinta da Gaetano Giacomini, dipendente dell’Ufficio del Registro di Roma,
            quivi  abitante  a  via  Quintino  Sella.  Sei  milioni  di  allora  era  una  cifra  enorme
            (cinquemilioniquattrocentoventiduemilasettecentonovantasette/45 Euro di oggi, corrispondenti a
            dieci miliardi e mezzo di vecchie lire).

                   Adesso siamo abituati da quotidiani concorsi, bingo, quiz ecc. ad avvenimenti del genere
            ma  allora  fu  un  autentico  evento.  Per  dare  un’idea  di  qual  clima  diamo  la  parola  al  fortunato
            cronista  che  per  primo  giunse  sulla  preda.  "Fui,  uno  dei  primi  cronisti,  a  precipitarmi  nel  suo
            appartamento. Erano le sei del mattino. Non trovai nessuno. Tutti fuori. Tutti usciti.

                   La notizia della vincita era  arrivata  in casa Giacomini come  una bomba, la sera prima a
            tarda  ora.  In  piena  notte,  subito,  si  sviluppò  ossessivo,  l’assedio  delle  telefonate  e  delle  visite;
            congratulazioni,  auguri,  proposte  di  affari;  richieste  di  finanziamenti  e  di  sussidi.  All’alba,
            allarmatissima,  tutta  la  famiglia  Giacomini  (il  padre,  la  madre  Carlotta  e  il  figlio  Tanilo)  si  era
            decisa a prendere il largo. Spariti… Usciti, partiti per ignota destinazione!... Riuscii a corrompere
            qualcuno,  che  mi  mise  sulla  buona  strada…  (Tutti  e  tre  li  pescai,  in  una  panchina  vicino  alla

            Casina  della  Rose  a  Villa  Borghese).  Da  poco  tempo  avevano  preso  un  caffelatte,  guardinghi,
            intimiditi da quella fortuna prepotente, colossale, che aveva frantumato in un attimo la pace della
            loro esistenza. Mi presentai.
                   Riuscii  ad  inspirar  loro  fiducia,  li  feci  salire  nella  mia  macchina  –  una  scassata  ma
            grandiosa  520  –  e  li  portai  per  isolarli  dal  mondo,  a  Monte  Cave,  nel  tranquillo  ristorante  dei

            fratelli  Grimaldi.  Mi  intrattenni  con  loro.  Tornai  alle  11  a  Roma,  in  tempo  in  tempo,  per
            pubblicare, nella prima edizione interviste e fotografie di tutti e tre i Giacomini.
                   Tornai a Monte Cave alle 16 ed ebbi la sgradita sorpresa di non trovarli più. Era andato il
            collega Arnaldo Geraldini de Il Giornale d’Italia, e se li era portati via.
                   Ero stato giocato.

                   Come Dio volle il mio fiuto mi portò a rintracciare i Giacomini. Li trasbordai all’albergo
            Esperia in via Nazionale, raccomandando all’albergatore di non farli avvicinare ad anima viva.
                   Esultavo.
                   Il  giorno  dopo,  pubblicai  fotografie  con  dediche  al  giornale  La  Tribuna  ed  un’altra
            intervista, lunghissima con esclusiva.

                   Diventammo amici, coi Giacomini. E lo siamo ancora, fraternamente. Fui io che feci loro
            avere la prima macchina, "a buffo", da Tassi e Rivola in piazza Fiume. Fui io che riuscii a far loro
            anticipare,  da  una Banca al  Corso Umberto, le  prime  centinaia  di  migliaia  di lire,  per  le  prime
            inevitabili  spese.  Io,  infine,  che  li  accompagnai  alla  Banca  d’Italia  a  ritirare  i  sei  milioni.
            L’operazione  d’incasso  durò  otto  ore.  Fu  meticolosa,  accurata"  (Rodolfo  Crociani,
            Pronto…Pronto…c’è il cronista?).





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