Page 70 - Genta a Roma
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SAVITRI (Pietro Santalamazza) Ingoiatore di spade e mangiafuoco (1914-1966 ca.)
Già qualche tempo prima della guerra in Africa Orientale fa l’ipnotizzatore nei teatrini
d’avanspettacolo. Ma questo genere è in declino, non va più di moda, ci si guadagna poco o
niente, e lascia perdere. Lavora poi con il circo equestre tedesco Krone, nel numero del fachiro
che si fa interrare. L’attrazione riscuote grande successo. Nel 1942 si trova in Germania, lo
mettono obbligatoriamente a lavorare in una fabbrica, sotto i continui bombardamenti aerei degli
alleati. Sfacchina tutto il giorno; prende un decimo di quello che percepiva dal Krone in un’ora.
Appena finisce la guerra torna in Italia, a Roma, dove è nato.
La sua vera identità è quella di Pietro Santalamazza ma è conosciuto solamente come (chi
lo sa perché) Savitri, probabilmente un nomignolo di fantasia, una sigla, uno dei tanti
soprannomi, insomma, che vengono dati ai girovaghi, saltimbanchi, clowns, mangiafuoco,
ingoiatori di spade: i vari Rofra, Frilli, Grog, Saltanò, Giraffa, eccetera. E Savitri è ipnotizzatore,
fachiro, mangiafuoco e anche ingoiatore di spade. Ma è soprattutto un uomo libero e selvaggio
che a rischio di morire di fame, non vuol dipendere da nessuno e vuol fare solo quello che pare a
lui. Grande e robusto, una nera lunga capigliatura con una frezza bianca, la faccia e le ciglia
bruciacchiate, folte basette alla spagnola, esegue il suo miserevole e pericoloso programma per
strada attorniato da un pubblico straccione di ragazzini e di passanti, sfaccendati e curiosi.
Gli spettacoli in piazza di Savitri si svolgono soprattutto la domenica (e se c’è il sole);
caricato tutto il necessario sulla "Vespa", va a cercare un posto dove si possa lavorare in pace.
Bisogna conoscere il vigile urbano altrimenti i girovaghi vengono multati e mandati via per
divieto di occupazione di suolo pubblico. Un tempo riusciva a fare i suoi spettacoli in pieno
centro, intorno a piazza Navona o vicino al Pantheon; poi si è dovuto spostare un po' più
lontano verso piazza Risorgimento e ponte Milvio; alla fine in periferia dove la gente che gira per
le strade ha ben pochi soldi in tasca.
Durante la sua esibizione lui non parla mai: tutte le parole che si sentono (comandi,
informazioni, commenti alle azioni in svolgimento) provengono da un gracchiante registratore
che riproduce l’imperiosa voce di Savitri. Come in una perfetta colonna sonora cadono al
momento giusto.
È accompagnato dalla moglie Ambretta, una calabrese di Gioia Tauro, gracile e smunta,
trattata dal marito come una bestia. All’inizio del programma, per prima cosa, Savitri incatena la
povera donna e, per rendere l’esercizio più pericoloso, infila alcune spade fra le catene che le
cingono il debole corpo che, con tutto quel peso, stenta a reggersi in piedi. Mentre "la mia
signora" – così chiama la moglie – "si libererà dalle catene", Savitri presenta "un’altra bestia": è
Mambo, un cagnetto nero, di 4 anni, intelligentissimo, addestrato a saltare i cerchi di fuoco. La
bestiola apparteneva ad un’attricetta di varietà che era scappata con un levantino e Savitri se l’era
preso. Dopo qualche tempo l’attricetta si rifece viva e lo rivoleva, ma siccome lui e la moglie ci si
erano affezionati le dissero che era morto.
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