Page 75 - Genta a Roma
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in tournée e l’incontro slitta più volte. In attesa del suo rientro, la piccola Rosa rimane in casa del
poeta per aiutare la vecchia cameriera Berta; a contatto diretto con l’affascinante personalità del
poeta, immersa nell’ambiente bizzarro del suo studio, attratta dal via vai continuo di ospiti e
gente di ogni tipo che lo frequenta, la ragazzina si ambienta immediatamente e tutto l’insieme
non fa che accendere la sua innata e ardente fantasia. Cosicché quando Petrolini un giorno,
finalmente a Roma, è pronto a ricevere Trilussa e la giovane aspirante attrice di varietà, Rosa
punta i piedi, non vuole più incontrare l’attore, anzi supplica fra lacrime e pianti di restare a casa
del poeta.
Dopo un po' di tempo la vecchia Berta muore e Trilussa, ben contento della rapida
soluzione domestica, fa rimanere Rosa definitivamente al suo servizio. Resterà con lui per ben
vent’un anni diventandone, come abbiamo visto, l’unica e preziosa factotum.
Da quel giorno Rosa è parte integrante di Trilussa. Con grande volontà impara a leggere e
a scrivere. Si identifica con il poeta, è come una spugna, uno specchio, un vero fenomeno
camaleontico. La sua calligrafia è molto simile a quella del "sor padrone ". Come Trilussa ha
ricavato il suo anagramma dal cognome Salustri anche Rosa ne forma uno per sé (da Rosa Tomei
a Saro Tiemo). Trilussa, per tutta la vita frequenta osterie, trattorie e ristoranti dove è sempre
riverito e ospitato: anche Rosa, morto il poeta, andrà spesso in una trattoria di via dei Serpenti,
ove ogni giorno ha luogo la riunione del "Gruppo dei Serpentari", piccola accolita di poeti
romaneschi cogliendo il suo piccolo successo dalla confraternita dialettale. Nella sua ingenua
ansia di apprendere, Rosa andava un po' a casaccio nelle letture, suscitando la bonaria ironia del
poeta:
Se vanta ch'è ciociara,
ma fa l’ingrese se je torna conto;
legge ‘gni tanto er libbro der Panonto
ce trova ‘na fregnaccia e se l’impara.
Trilussa coglie qui il temperamento affettuosamente autoritario e selvaggio della ciociara ostinata,
orgogliosa, abbastanza ignorante e figlia del parlar chiaro, quando le fa comodo.
Inevitabili tra i due i continui battibecchi, mai irriguardosi, ma sempre spiritosi e
sardonici: Trilussa nella parte di un amabile Pigmalione e Rosa nel ruolo di una scolara che insiste
nella propria ignoranza. Tutta questa buffa situazione senza mai aver percepito un vero e proprio
salario dal poeta, che del resto non aveva i mezzi per corrispondergliene uno.
È chiaro che come il suo illustre padrone anche Rosa si mette a poetare. Qualcosa viene
pubblicata più che altro più per riconoscerle il gran merito di aver dato a Trilussa tutto
l’attaccamento possibile e di averlo assistito meravigliosamente. Tutti le vogliono bene per
questo. Un fine intellettuale come Pietro Paolo Trompeo presenta nella Strenna dei Romanisti una
sua poesia in italiano (Maternità rustica), firmata solennemente Rosaria Tomei, "in cui par di
sentire come un’eco del Carducci. Rosa è carducciana e non già trilussiana? Diciamo piuttosto
che s’inspira alla natura, come disse il Carducci, vergine e madre eternamente".
Meno classica ma più viva, sincera, la produzione romanesca di Rosa. Sono versi che ogni
tanto invia come dono agli amici: quelli veri, che si ricordano ancora di lei e se sono influenti e
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