Page 74 - Genta a Roma
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ROSA TOMEI             Governante, "Perpetua", alter ego e discepola di Trilussa
            (1916-1966)





                   Difficile con un termine solo definire le funzioni che Rosa Tomei svolse presso Trilussa, il
            legame che ebbe con lui. Di sicuro gli dedicò la vita.
                   Ne fu la fedele governante (cercando di tenergli un po' in ordine la pittoresca casa piena
            di coccodrilli impagliati e scegliendogli quotidianamente l’abbigliamento secondo il gusto di lui,

            elegantemente ottocentesco). Ne fu la "Perpetua" devota ma senza peli sulla lingua (lo chiamava
            "sor padrone" ma i loro frequenti e scherzosi bisticci avevano un sapore quasi coniugale). Ne fu
            la zelante segretaria e l’inflessibile filtro col mondo esterno (conosceva a memoria i titoli, i versi,
            le date delle innumerevoli composizioni trilussiane ma sapeva anche tenere a bada gli inesorabili

            poeti romaneschi che si presentavano continuamente per sottoporre le loro opere al giudizio del
            Maestro). È stata amorevole  gattara (condividendo col "sor padrone"  l’attaccamento per i tanti
            felini, tra cui gli storici e immortalati Pomponio, Poppea e Ajo' ). È stata scaltra vivandiera (nel
            1944, ai tempi di Roma affamata, scambiando scatolette e caffè di ammiratori "alleati" con firme
            falsificate e sonetti apocrifi del poeta, trovata geniale che Trilussa non solo le perdonò ma da cui
            trasse spunto per alcune  sarcastiche quartine  sulla  caducità  della  Gloria). È  stata persino  aiuto

            barbiere  (insaponando  e  assistendo  nella  bisogna  un  Trilussa  ormai  stanco,  malandato,
            forzatamente casalingo). Sarà infine la strenua custode della memoria storica del poeta (dopo la
            cui morte si batté strenuamente per la conservazione totale e "in loco" del mitico studio, come
            desiderato  dallo  stesso  Trilussa:  battaglia  lunga  –  cinque  anni  –  ma  destinata,  nonostante  la
            campagna di stampa da lei ispirata e il sostegno di numerosi personaggi del mondo culturale, al

            fallimento: venne lo sfratto, il sacrario andò disperso, il mondo della sua vestale crollò).
                   Questo,  grosso  modo,  un  elenco  delle  sue  prove  di  dedizione  nei  riguardi  di  Trilussa.
            Prove eccellenti e spesso sorprendenti da parte di una donna che, prima dell’incontro col poeta,
            era quasi analfabeta.
                   Infatti,  Rosaria  Tomei,  più  semplicemente  conosciuta  come  Rosa,  era  nata  a  Cori,  in

            Ciociaria, da una famiglia di poveri contadini. È piccola e minuta, la faccia un po' da brigantessa,
            neri occhi profondi ed espressivi, modi rozzi e selvaggi, battute sempre pronte e vivaci. Predilige
            il canto popolare e rivela qualche naturale capacità artistica. È sprecata in campagna, meglio in
            città, pensano i suoi, dove magari le si può presentare un avvenire migliore. Arriva a Roma all’età
            di  tredici  anni  e  la  mandano  a  dare  una  mano  a  una  zia  che  ha  un’osteria  a  via  Donatello,  al

            Flaminio.  Fa  la  cameriera,  e  conosce  posteggiatori  e  suonatori  ambulanti  che  frequentano  il
            piccolo locale, allieta i clienti divertendosi a cantare qualche canzone e qualche stornello del sor
            Capanna. Alcuni estimatori, colpiti dalla sua spigliatezza e dalla sua voce, pensano di lanciarla nel
            mondo del varietà. Bisogna farla vedere a qualcuno, magari a Petrolini, l’attore più rinomato del
            momento. Trilussa,  loro conoscente e, a sua volta, grande amico dell’attore, sarebbe la persona
            più  adatta  alla  presentazione.  Anche  i  genitori  sarebbero  contenti  ed  è  proprio  il  padre,

            Romualdo, che, venuto apposta da Cori, l’accompagna a casa di Trilussa. Ma Petrolini è sempre


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