Page 73 - Genta a Roma
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portare il suo antipasto e ad uno ad uno quello degli altri commensali. Poi attaccava con gli
spaghetti e se li faceva tutti. Era quindi la volta della bistecca e se ne metteva all’anima dodici.
Così fino alla fine. Per gioco.
"Er Cafabbo", colpito da un più che prevedibile diabete e da altre scontate complicazioni,
dovette smettere di mangiare in quella maniera, si sottopose ad una stretta dieta e, disabituato,
morì rapidamente di digiuno".
Niente sfide invece, nessuna bullaggine né scommesse, ma forse soltanto una penosa
necessità fisiologica per il sostentamento di "Bambinello".
Pesava 220 chili ma lo chiamavano "Bambinello" per la sua angelicità. Vendeva giornali.
Era talmente enorme che avevano dovuto costruire una sedia apposta per lui. Abitava a via dei
Crociferi e quando era ora di pranzo, da casa sua la moglie o i figli lo avvisavano con un fischio
di avvertimento talmente forte che lui riusciva a sentirlo dovunque si trovasse: aveva bisogno di
prendere i suoi tempi comodi per prepararsi spiritualmente e fisicamente al rito del cibo. Arrivato
sotto casa, infatti, doveva affrontare tre piani di scale. Faceva un piano ogni dieci minuti.
Finalmente arrivato, per reintegrare le forze mangiava due piatti di fagioli con la pasta, almeno
due chili di patate, tre frittatine, due pagnotte, formaggi e frutta; ogni tanto, ne era ghiottissimo,
si faceva una quindicina di rocchi di coda alla vaccinara che qualche amico gli portava dal
mattatoio. Però, era astemio.
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